Nuovi poveri in aumento alla mensa della Caritas

Sono circa 4.000 gli assistiti e gli italiani superano di gran lunga gli stranieri Si tratta di pensionati, padri separati e piccoli imprenditori in difficoltà

AVEZZANO. La crisi economica, iniziata nel 2008, ha creato sacche di nuova povertà. Così sono sempre di più le persone che, per sopravvivere, bussano alla mensa della Caritas. Nella Marsica il loro numero, in 8 anni, è cresciuto in maniera esponenziale. Nel 2008, su 3000 ospiti, gli stranieri erano il 60%, gli italiani il 40%. Nel 2015 la situazione si è capovolta: su 4.000 ospiti, il 65% sono stati italiani e il 35% stranieri. Ciò vuol dire che il numero degli italiani è aumentato del 216%, mentre quello degli stranieri è diminuito del 23%. L’aumento totale (da 3 a 4mila) è stato del 33% ed è dovuto esclusivamente alla condizione di sofferenza degli italiani. «Prima», premette don Ennio Tarola, direttore della Caritas diocesana, «alla mensa si vedevano solo donne. Gli uomini se ne vergognavano. Oggi sono il 95% degli ospiti. Presi dal bisogno e dalla disperazione, non si fanno più scrupoli. Un giorno uno di loro mi ha detto: la povertà ti fa perdere anche la dignità».

Ma chi sono questi “nuovi poveri”?

«Pensionati soli, che con 400 euro al mese non riescono a vivere; 50enni che si ritrovano senza lavoro e senza pensione; genitori separati o divorziati. Quando una famiglia si sfascia, a pagarne le conseguenze è soprattutto il coniuge. I figli, nella maggior parte dei casi, vengono affidati alla mamma. E al padre non resta che lasciare la casa. Così si ritrova senza un tetto e, se non lavora, senza mezzi di sostentamento. Una condizione drammatica. Ma la crisi», aggiunge il sacerdote, «ha avuto effetti devastanti anche sul ceto medio. A bussare alla nostra mensa o a chiederci di aiutarli a pagare bollette e affitto sono anche commercianti e piccoli imprenditori, che, in caso di cessazione dell’attività, non usufruiscono di indennità di disoccupazione, e professionisti che, non potendo far fronte alle spese, arrivano a cancellarsi dagli albi».

Quanti pasti servite al giorno?

«In media una cinquantina. Ma con picchi anche di 80-90».

Da chi è svolto il servizio? «Da 20 volontari (nella foto alcune persone all’opera), provenienti da tutte le parrocchie, che a turno, lavorando in silenzio, consentono ai nostri ospiti di avere un pasto caldo e una parola di incoraggiamento».

Assicurate solo un pasto?

«No, anche la colazione. Inoltre, dopo il pranzo, diamo una busta piena di alimentari per la cena. Una volta a settimana possono farsi anche la doccia».

Quanto spendete ogni anno per la mensa?

«Lo scorso anno sui 25mila euro. Ma senza la generosità dei centri commerciali e di singole famiglie, che non potremo mai ringraziare abbastanza, la spesa sarebbe triplicata».

Gli stranieri, che vengono a mangiare alla mensa, chi sono?

«Soprattutto marocchini, ma anche romeni e albanesi. Ma non facciamo distinzione. Chi bussa alla nostra porta è solo un fratello. Non vogliamo sapere se è cristiano o musulmano, se ha problemi di droga e di alcol e se è stato in carcere. L’unica distinzione che facciamo è nella distribuzione dei pasti. Se a tavola ci sono dei fratelli musulmani evitiamo di servire loro carne di maiale».

Il grande sogno di don Ennio è un “Ostello della carità”, per assicurare un tetto a chi non sa dove andare a dormire. «I fondi», afferma, «ci sono e trovare in città un edificio non è difficile. Purtroppo chi dovrebbe darci l’ok (la Curia, ndr) temporeggia. Mi si dice: lo facciamo domani. Un domani che però non arriva mai».

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