Operazione finanziaria insicura Banca condannata in tribunale

Il giudice condanna "Monte dei Paschi Siena banca personale" per un contratto ereditato da "Banca 121": cliente non informato su rischi d'investimento, l'istituto gli risarcisce 35mila euro. In arrivo altri ricorsi

L'AQUILA. Il tribunale ha condannato «Monte dei Paschi Siena banca personale» ad annullare un contratto con investimento che prevedeva una operazione finanziaria prospettata come sicura ma in realtà caratterizzata da un alto rischio. Al ricorrente sono stati restituiti 35 mila euro. Va precisato che si tratta di contratti «ereditati» in quanto fatti firmare da Banca 121 che poi fu acquistata da «Mps banca personale» costola del Monte dei Paschi che da pochi mesi l'ha assorbita.

Va anche precisato che almeno all'Aquila, dopo questa sentenza, sono pronte almeno altre sei citazioni per casi molto simili. Nel caso specifico, comunque, il ricorrente lamentava di essere stato indotto in maniera non corretta dal promotore finanziario ad aderire a un piano finanziario destinato all'acquisto di titoli con una certa durata deducendo, a suo dire, le violazioni in materia di trasparenza e buona fede».

La motivazione con cui i giudici (Giovanni Novelli, Italo Radoccia (relatore) Roberto Ferrari) hanno dato ragione al ricorrente, assistito dall'avvocato Fabrizio Giancarli è complessa e comunque la banca non ne esce male. «Tuttavia», si legge nella motivazione con cui si condanna la Mps Banca Personale Spa, «emerge dal complesso delle risultanze istruttorie una chiara finalità speculativa del prodotto finanziario proposto dall'investitore assoggettato come è dall'elevato rischio dell'andamento dei mercati finanziari internazionali. Il cliente deve solo sperare che le quote del fondo sui cui la banca ha investito per lui abbiano un alto rendimento tale da garantirgli un potenziale utile. Nella documentazione allegata al prodotto in questione, però, tale rischio non è affatto esplicitato chiaramente e può essere desunto unicamente mediante lo sviluppo del piano finanziario attraverso una buona conoscenza dei mercati finanziari che nel caso in questione non è dato rilevare. La speculativa del piano in oggetto, infatti, non dà certezza che alla naturale scadenza del rapporto le relative quote avrebbero consentito non sollo la remunerazione della parte di finanziamento e degli interessi ad esso connessi ma anche di pareggiare il relativo esborso che può essere eroso in ragione dell'andamento negativo del mercato».

«La mancanza di correttezza e buona fede» dicono ancora i giudici «da parte della banca è riferibile alla publicizzazione dell'investimento come sicuro e a capitale garantito ma così non è laddove la mancanza di trasparenza si collega alla informativa fornita al cliente mediante il testo del contratto che che non rende sufficientemente chiare le possibilità del cliente in caso di recesso». Più in particolare «il tenore del contratto e dei moduli firmati dal ricorrente ha violato il principio di trasparenza non consentendo all'investitore di media diligenza ed esperienza una completa valutazione sullo sviluppo del piano nel tempo». (g.g.)

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