Orso ucciso, battaglia legale in Cassazione
Zurlo (avvocato dell’imputato): «Accanimento verso il mio assistito, ma ricorreremo». Cannata (Parco): «Verdetto ok»
SULMONA. «L’aspetto importante è che l’appello della Procura generale sia stato dichiarato inammissibile. Per quanto riguarda la statuizione civile, aspetto di conoscere le motivazioni della sentenza per esprimere un giudizio più dettagliato. Nel frattempo posso solo annunciare che esistono già da adesso i presupposti per un ricorso in Cassazione».
Lo afferma Franco Zurlo, difensore di Antonio Centofanti, l’ex dipendente Anas accusato di aver preso a fucilate e ucciso un orso bruno marsicano nelle campagne di Pettorano sul Gizio, il 14 settembre 2014.
«Di sicuro», dice, «vedo un accanimento nei confronti di una persona che sia in primo grado che nel giudizio di Appello non è stato riconosciuto come esecutore del fatto». Intanto anche il Pnalm, che figura tra le cinque parti civili ammesse al risarcimento, ha espresso la propria soddisfazione per la condanna, sebbene solo civile dell’imputato. Lo ha fatto tramite il presidente dell’Ente naturalistico, Giovanni Cannata, secondo il quale quella pronunciata dalla Corte d’Appello dell’Aquila «è una sentenza storica perché finalmente rende giustizia alla tutela di una specie protetta, riformando in modo sostanziale la sentenza del tribunale penale di Sulmona che nel 2018 aveva assolto l’imputato, destando sconcerto e preoccupazione per i possibili risvolti che tale sentenza poteva avere su chi è poco incline a convivere con la fauna».
«Oltre a fissare un principio ineccepibile come quello del rispetto della vita di un orso», conclude Cannata, «il riconoscimento delle responsabilità dà conto anche del lavoro investigativo svolto dall’ex Corpo forestale dello Stato che riuscì a ricostruire tutti i passaggi della vicenda e a individuare il responsabile che non ha mai negato di aver sparato all’orso».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Lo afferma Franco Zurlo, difensore di Antonio Centofanti, l’ex dipendente Anas accusato di aver preso a fucilate e ucciso un orso bruno marsicano nelle campagne di Pettorano sul Gizio, il 14 settembre 2014.
«Di sicuro», dice, «vedo un accanimento nei confronti di una persona che sia in primo grado che nel giudizio di Appello non è stato riconosciuto come esecutore del fatto». Intanto anche il Pnalm, che figura tra le cinque parti civili ammesse al risarcimento, ha espresso la propria soddisfazione per la condanna, sebbene solo civile dell’imputato. Lo ha fatto tramite il presidente dell’Ente naturalistico, Giovanni Cannata, secondo il quale quella pronunciata dalla Corte d’Appello dell’Aquila «è una sentenza storica perché finalmente rende giustizia alla tutela di una specie protetta, riformando in modo sostanziale la sentenza del tribunale penale di Sulmona che nel 2018 aveva assolto l’imputato, destando sconcerto e preoccupazione per i possibili risvolti che tale sentenza poteva avere su chi è poco incline a convivere con la fauna».
«Oltre a fissare un principio ineccepibile come quello del rispetto della vita di un orso», conclude Cannata, «il riconoscimento delle responsabilità dà conto anche del lavoro investigativo svolto dall’ex Corpo forestale dello Stato che riuscì a ricostruire tutti i passaggi della vicenda e a individuare il responsabile che non ha mai negato di aver sparato all’orso».
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