Ortu: giù le mani dalla prevenzione

Il presidente dell’Ordine: «Chi stabilisce gli esami inutili? Il piano Lorenzin condiziona l’operato dei professionisti»

L’AQUILA. «La prevenzione è l’arma fondamentale per superare le malattie, anche quelle più gravi. Gli effetti non sono immediati, ma a lungo termine. E poi, chi stabilisce quali esami sono inutili? Anche un’indagine diagnostica negativa, non è mai una spesa per lo Stato, ma un investimento in prevenzione».

Il presidente dell’Ordine dei medici della provincia dell’Aquila, il professor Maurizio Ortu, boccia il piano varato dal Governo per ridurre la spesa pubblica, che prevede il taglio di oltre 200 prestazioni sanitarie. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, conta di recuperare 7 miliardi entro il 2017, con un giro di vite sugli esami a maggior rischio di “inappropriatezza”, che spaziano dai test allergici a Tac e risonanza. Ma dove porterà questa misura? E quali effetti reali avrà sulla salute dei cittadini? Interrogativi aperti, che continuano ad alimentare il dibattito tra sindacati e ordini professionali dei medici. «Esami diagnostici come Tac e risonanza», evidenzia Ortu, «non sono mai inutili, ma aiutano il medico ad indirizzare la diagnosi e a cercare di risolvere il problema alla base». Un margine d’azione esiste, per ridurre la spesa sanitaria. «Ma», secondo Ortu, «riguarda, più che altro prestazioni sanitarie che non hanno un reale riscontro clinico, come il Tas, un esame del sangue utilizzato per verificare la presenza di streptococco, di cui si è scoperta la parziale inefficacia, o alcuni test di intolleranza. Ma sono solo esempi. Quando, invece, si tocca la sfera della diagnostica, il problema è diverso». Inoltre, chi stabilisce se un accertamento è inutile? «Nessun medico», fa presente Ortu, «può dire preventivamente, e con assoluta certezza, quale esame non va prescritto. L’articolo 32 della Costituzione italiana garantisce il diritto alla salute. Limitare all’osso la prevenzione comporterà, nel tempo, un aumento della spesa sanitaria a carico dello Stato, in proporzione rispetto all’incremento delle patologie».

Insomma, ci si ammalerà di più. «Basterebbe», aggiunge Ortu, «tagliare gli esami obsoleti, quelli superati clinicamente e scientificamente, che non hanno un riscontro accertato». C’è poi un secondo aspetto che crea imbarazzo alla categoria: il medico viene lasciato solo a stabilire quali esami prescrivere e quali annullare. Lo spettro è quello di incorrere in sanzioni pecuniarie o, in alternativa, di suggerire di procedere comunque con gli accertamenti, che ricadranno sulle tasche dei pazienti. «Il medico non può essere limitato nella sua professione», conclude Ortu, «deve poter agire in totale libertà e prescrivere, laddove lo ritiene necessario, tutti gli esami del caso. Quando si ravvisano abusi sono gli Ordini stessi ad intervenire».

Monica Pelliccione

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