Perdonanza, spuntano altri conti in rosso

La Bper chiede 300mila euro di oltre 12 anni fa quando la gestione dell’evento era affidata a Michele Gentile

L’AQUILA. Sono passati dodici anni dalla scomparsa dell’Istituzione Perdonanza, ma i problemi che la città deve ancora fronteggiare sono ancora ben lungi dall’essere definitivamente risolti. Prova ne è la delibera dello scorso 26 luglio, attraverso la quale la giunta comunale ha dato mandato al dirigente dell’avvocatura, Domenico de Nardis, di elaborare una proposta di transazione con la Bper, «fatte salve le decisioni che il consiglio comunale riterrà opportuno assumere in proposito». Il “caso” è quello di due conti correnti “affidati”, vale a dire destinati a consentire operazioni di prelievo allo scoperto fino a un massimo di 500 milioni di lire, aperti negli sportelli di quella che all’epoca si chiamava Cassa di risparmio della provincia dell’Aquila. A sottoscrivere i contratti furono Antonio Cicchetti e Eliseo Iannini, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Istituzione Perdonanza. L’operatività dei conti, come si legge nella relazione dell’avvocato de Nardis, «fu assegnata al direttore dell’Istituzione, Michele Gentile, in funzione delle esigenze dell’ente». Esigenze che determinarono il prosciugamento dei fondi affidati, tanto che la banca, non essendo riuscita a rientrare nel credito, chiese un decreto ingiuntivo comprendente oltre alla somma prestata, anche gli interessi al tasso ultralegale dell’8% annuo e gli interessi anatocistici. Il Comune si oppose, incassando un primo parere favorevole dal tribunale, ma da quel momento è nato un contenzioso che ancora si trascina in appello, con udienza fissata per il 23 gennaio del 2018, a seguito del ricorso presentato dalla banca. La Bper ora, propone un’ipotesi di accordo transattivo che prevede da parte del Comune dell’Aquila il pagamento di 300mila euro, con la rinuncia all’appello e a ogni pretesa di interessi. Una soluzione, si legge ancora nella relazione, che consentirebbe alla banca di rientrare della somma prestata, che metterebbe il Comune al sicuro rispetto a quelli che potrebbero essere i rischi derivanti da un giudizio. La giunta, nel ritenere condivisibili le considerazioni esposte dall’avvocatura, stante l’alea del giudizio, ha dato mandato a de Nardis di formulare una proposta per superare la controversia. «Non si nasconde», si legge ancora nella relazione, «che sussiste nella presente vicenda anche un profilo di ordine etico: vero è, infatti, che la Cassa di risparmio prestò il denaro in assenza di garanzie, fidando sulla correttezza e serietà di quelli che apparivano amministratori onesti e capaci di un ente comunale investito di rilevanti funzioni sociali».

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