Porta aperta in silenzio La città onora le vittime

Due scosse di terremoto avvertite durante la cerimonia a Collemaggio Il vicesindaco Trifuoggi preferisce non sfilare in corteo: no agli esibizionismi

L’AQUILA. In piedi sul prato davanti alla basilica di Collemaggio o seduti sui posti riservati in attesa che il cardinale e vescovo di Ancona Edoardo Menichelli dia il via alla messa che precede l’apertura della Porta Santa, è impossibile accorgersi dei sussulti del terreno. Ma passano pochi minuti dall’inizio della messa e la notizia serpeggia tra i fedeli. Si parla prima di un terremoto all’Aquila, poi cellulari in mano e occhi fissi all’antica facciata della basilica ancora in ristrutturazione, si acquisiscono informazioni più precise: una nuova scossa alle 17,55, 4,4 Richter (poi corretta in 4,2), con epicentro nella zona di Ascoli. L’incubo, quello che non abbandona gli aquilani dalla notte del 6 aprile 2009, è tornato ancora. Anche oggi. Anche in occasione di questa 722ª Perdonanza dal sapore amaro.

CORTEO DIMESSO. Un corteo dimesso e ridotto è partito alle 17, dalla Villa comunale. I gonfaloni listati a lutto sono seguiti da un corteo scarno e silenzioso. Tutt’intorno non ci sono battiti di mani, né il suono degli strumenti tipici degli sbandieratori che ogni anno riempiono le strade. Solo un mormorio indistinto. Pochi consiglieri comunali, qualcuno con il lutto al braccio. Poca gente sulle strade. Pochi sorrisi. «La città non c’è», dice, prima di aggregarsi alla sfilata, il sindaco Massimo Cialente. «Ed è normale che sia così». Il sindaco allude a questi giorni di lutto per un nuovo terremoto; l’Aquila oggi, come sette anni fa, piange le sue vittime e quelle dei suoi vicini fratelli. «È un corteo mesto», dice il presidente della Regione Luciano D’Alfonso, «ma capace di andare molto in profondità». Eppure neanche il silenzio di questa festa mutilata riesce a mettere a tacere le polemiche.

IO NON C’ERO. Il primo a sollevare la questione è il vicesindaco Nicola Trifuoggi, che ha atteso l’arrivo della Bolla nella platea di sedie posizionate sul prato antistante la basilica. Un’assenza voluta, quella al corteo, non manca di sottolineare lui stesso, per evitare «forme di esibizionismo». Il vicesindaco poi parla dei «capricci» del presidente del consiglio comunale Carlo Benedetti e dell’assessore Pietro Di Stefano che si sarebbero «imposti a favore della sfilata della giunta». Ma a mancare all’appello del corteo non è solo Trifuoggi. Sfilano, infatti, 13 consiglieri comunali, alcuni assessori e quasi tutti i presidenti dei consigli territoriali di partecipazione (ex circoscrizioni), oltre naturalmente al sindaco.

SFILATA LAMPO. Sarà il numero ridotto di persone o lo spirito di vicinanza a chi è stato colpito dal terremoto, fatto sta che il corteo dopo neanche mezz’ora dalla sua partenza è già sul prato di Collemaggio, dove è stato allestito l’altare all’aperto. Il sindaco legge la Bolla di Celestino. Qualcuno prende posto sulle sedie, ma la maggior parte delle persone resta in piedi sul prato in attesa delle 18, orario della messa.

L’OMELIA. «Le ingiustizie sociali, gli eventi drammatici come quelli vissuti anche da questa nobile città e oggi da altri, gli abbandoni, le solitudini, le sofferenze, le grandi miserie: tutto ciò ci convoca e ci interpella e misura la temperatura d’amore del cuore e la verità del nostro credere in Cristo, che riferisce quanto noi facciamo verso quanti vivono con sofferenza». Non può mancare un accenno al terremoto nell’omelia del cardinale Edoardo Menichelli, che tuttavia sembra non voler calcare su quella ferita riaperta da pochi giorni e si concentra invece sul messaggio del Papa del gran rifiuto, sul senso del perdono. LA PORTA SANTA. L’assessore Di Stefano già a metà omelia non riesce a stare seduto al posto a lui riservato e si dirige verso la chiesa. «Volevo vedere se tutto è a posto», dice di ritorno con un sorriso tirato. «Certo è più sicura dell’anno scorso». In tanti, oggi, sono qui anche per sbirciare tra i pannelli del percorso che dalla Porta Santa conduce all’entrata laterale sinistra della facciata. Per rivedere, almeno per pochi minuti, la basilica. Ma i lavori di ricostruzione non sono ancora terminati. Il cantiere è stato riconsegnato per cinque giorni al Comune dalla ditta incaricata dall’Eni. Intanto, dopo la scossa delle 17,55 ce n’è stata un’altra, meno forte, alle 18,42, magnitudo 3,8, zona Norcia. Ora però è tutto pronto, non c’è tempo per i ripensamenti. Il rappresentante della Santa Sede, alle 19,37, colpisce la Porta Santa con il tradizionale ramo di ulivo dell’orto del Getsemani. Anche quest’anno i battenti si aprono per restare spalancati 24 ore. I pannelli di compensato non permettono di guardare molto dentro: si vedono appena le colonne imbracate e i ponteggi ovunque. L’odore di polvere e cemento riempie le narici e oggi più che mai sembra rinnovare il dolore.

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