Porta Barete, via libera del Tar al vincolo

Respinto il ricorso contro la Soprintendenza presentato dai proprietari del condominio via Roma 207

L’AQUILA. L’atto notarile del 1933 con il quale il Comune dell’Aquila aveva ceduto una porzione delle mura urbiche è nullo. Ne consegue che i decreti con i quali la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Abruzzo ha bloccato la ricostruzione del condominio 207, di via Roma, sono legittimi. È quanto stabilisce una sentenza del Tribunale amministrativo regionale, che ha respinto il ricorso dei proprietari contro i decreti con i quali era stato dichiarato, da parte dell’ex Soprintendenza, l’interesse per il «sistema difensivo della città dell’Aquila costituito da mura, torri e porte». Nell’area, infatti, erano venuti fuori i resti dell’antica Porta Barete, crollata nel 1703 a causa del terremoto. I decreti, spiegano i giudici del Tar, sono partiti dal presupposto della proprietà pubblica, in quanto, si legge nella sentenza, quando fu stipulato l’atto di vendita del 1933 era in vigore la legge 364 del 1909, che prevedeva un’autorizzazione da parte del ministero. Autorizzazione, sottolineano i giudici, che non risulta in atti. La storia del condominio 207, dopo il sisma del 2009, è identica a quella di molti altri edifici dichiarati inagibili e demoliti. Ma nel 2013, partita la ricostruzione, sono saltati fuori i resti. Per questo, la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Abruzzo ha disposto delle prescrizioni prevedendo una fascia libera e non occupabile di 10 metri, all’interno del sistema difensivo nel tratto tra via Vicentini e viale Ovidio. La risultante è stata il fermo del cantiere, incompatibile con i progetti di valorizzazione archeologica. Il resto è una storia piena di carte bollate e di disagi infiniti per i proprietari degli appartamenti, ai quali, qualche mese fa, è stata anche notificata una richiesta di risarcimento dei danni da parte dei progettisti, proprio a causa del blocco dei lavori. Alcuni hanno già accettato di trasferirsi altrove, ma altri, invece, hanno deciso di tentare le vie legali. Nella relazione a supporto del provvedimento di vincolo emerge che l’area costituisce un «articolato sistema difensivo posto al limite Nord-occidentale della città» in corrispondenza della porta denominata Lavarete-Barete da cui partiva un antico tracciato viario, la via Claudia Nova di origine romana. Un «magnifico esempio di architettura difensiva», prosegue ancora la relazione, che contribuisce a esprimere l’identità cittadina, con elementi di apprezzabilissima fattura.

Un sistema urbano riconducibile, secondo la valutazione della Soprintendenza, al contesto storico settecentesco, anche se sono state rinvenute tracce precedenti, come l’acciottolato, che costituisce la pavimentazione della piazza urbana, un sistema di canalizzazione dell’acqua e la statua di un leone in pietra di origine romana. «Tanto premesso», scrivono ancora i giudici, «si deve considerare che, secondo la costante giurisprudenza amministrativa, la verifica in ordine all’esistenza di un interesse culturale (artistico, storico, archeologico o etnoantropologico) particolarmente importante, è prerogativa esclusiva dell’amministrazione preposta alla gestione del vincolo, e può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità e illogicità di evidenza tale da far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta» pertinenti a un unitario grande disegno testimonianza storica di eventi locali.

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