chiesa aquilana

Preti aquilani a confronto sul ricatto hard al parroco

L’AQUILA. Il Codice di diritto canonico parla chiaro. «Quando il ministero di un parroco per qualche causa, anche senza sua colpa grave, risulti dannoso o almeno inefficace, quel parroco può essere...

L’AQUILA. Il Codice di diritto canonico parla chiaro. «Quando il ministero di un parroco per qualche causa, anche senza sua colpa grave, risulti dannoso o almeno inefficace, quel parroco può essere rimosso dalla parrocchia da parte del vescovo diocesano» (canone 1740). E ancora: «Le cause legittime di rimozione sono principalmente queste...il modo di agire che arrechi grave danno o turbamento alla comunione ecclesiale...la perdita della buona considerazione da parte di parrocchiani onesti e seri o l’avversione contro il parroco, che si preveda non cesseranno in breve...» (canone 1741 commi 1 e 3).

Eppure, non si vedranno rotolare teste, almeno nell’immediato. Se una sanzione canonica ci sarà, da parte della Curia aquilana, questo avverrà dopo la segretissima investigatio praevia. Anche dopo il caso dei ricatti a un sacerdote per messaggi hard ricevuti, inviati e scambiati sui telefonini, per il quale è scattata un’inchiesta penale e uno studente universitario residente nella casa San Carlo Borromeo è finito in carcere, la linea sarà quella di sempre.

La filosofia di Petrocchi – che è quella di circoscrivere, isolare i bubboni e lasciarli decantare da soli invece di prendere il bisturi e tagliare di netto – non muta neppure stavolta. Va bene il Codice, insomma, ma se ne può parlare. Com’è avvenuto nel corso di un recente incontro avvenuto in Curia in cui è stata affrontata, tra le altre cose, la vicenda. Nella parte di clero presente non è emersa alcuna volontà giustizialista. Un prete ha raccontato di averne passata una simile, e di esserne uscito grazie ai buoni consigli di un vescovo da lui assistito. Un altro, che riveste un ruolo apicale, ha esortato i presenti a «scagliare la prima pietra». Il prete ricattato, intanto, continua ad amministrare i sacramenti. In attesa dell’interrogatorio del suo aguzzino.(e.n.)

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