Venerdì Santo

Processione, le firme non bastano a spegnere i megafoni

SULMONA. Sono 4.370 i sulmonesi che chiedono che la processione del Venerdì Santo torni alle vecchie tradizioni. Le loro firme sono state consegnate ieri pomeriggio al direttivo dell’Arciconfraternita...

SULMONA. Sono 4.370 i sulmonesi che chiedono che la processione del Venerdì Santo torni alle vecchie tradizioni. Le loro firme sono state consegnate ieri pomeriggio al direttivo dell’Arciconfraternita della Santissima Trinità titolare dell’organizzazione della sacra rappresentazione, parte integrante della storia della città. Davanti ai trinitari i membri del comitato promotore della petizione hanno ribadito con fermezza le loro richieste: via i megafoni dalla processione; ripristino del percorso originario con immissione diretta del corteo in piazza della Tomba; nessuna sosta al rientro della processione, in particolare davanti al complesso dell’Annunziata. Richieste che, da quello che si è potuto capire, saranno accolte solo in parte visto che il direttivo trinitario ha fatto intendere di essere disponibile a seguire le indicazioni che il vescovo Angelo Spina ha dato nell’incontro avuto nei giorni scorsi con i membri del coro, interessati anche loro al ripristino delle vecchie tradizioni. Molto probabilmente l’unica proposta che dovrebbe essere accolta è quella del ritorno al vecchio percorso, con la processione che entrerà in piazza Plebiscito offrendo il volto alla chiesa di Santa Maria della Tomba. Una variazione che il vescovo aveva imposto per eliminare la sosta che i portatori dei fanali e i cantori utilizzavano per rifocillarsi. Mentre la sosta davanti all’Annunziata e la presenza dei megafoni in processione dovrebbero essere confermate. «L’Arciconfraternita della Trinità ha la grande responsabilità di mantenere la tradizione», afferma Carlo Maria Speranza, membro del comitato cittadino che ha promosso la petizione. «Le innovazioni non piacciono alla città. Anzi, i quasi 4.500 firmatari e i 1.280 contatti che hanno aderito sui social dicono il contrario. Abbiamo rimandato all’Arciconfraternita il compito di mantenere la tradizione sottolineando che il rapporto con l’autorità ecclesiastica deve essere sotto il profilo dell’intesa e non dell’imposizione». (c.l.)

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