Processo a di Orio: la sentenza a febbraio

Sfilata di testimoni eccellenti per la vicenda degli affitti all’ex Optimes In aula il sindaco Cialente, l’ex rettore Schippa, la professoressa Cifone

L’AQUILA. Sentenza il 4 febbraio 2016. Nuova udienza del processo a carico dell’ex rettore Ferdinando di Orio, dell’ex direttore amministrativo Filippo Del Vecchio e dell’imprenditore Marcello Gallucci, accusati di abuso d’ufficio in concorso per gli affitti «gonfiati» all’Università. In aula, oltre agli imputati, anche il grande accusatore dell’ex rettore, Sergio Tiberti. Un vero e proprio esercito di testimoni ha sfilato davanti al tribunale in composizione collegiale, presieduto da Giuseppe Nicola Grieco. Col sindaco Massimo Cialente, sono stati avvistati, tra gli altri, lo storico rettore emerito Giovanni Schippa, l’ex prorettore Roberto Volpe, la direttrice del Dipartimento Area medica Maria Grazia Cifone, i docenti Dante Galeota e Giancarlo Scoccia. Ciascuno ha risposto alle domande raccontando cosa avvenne in quei giorni di emergenza e come fu gestito il passaggio che portò all’individuazione dei locali dell’ex Optimes per collocarvi alcune delle facoltà universitarie in attesa del ripristino delle sedi danneggiate dal terremoto. Assegnazione che, secondo il grande accusatore Tiberti, avvenne senza una gara e senza un’analisi di mercato adeguata, per arrivare a una spesa di un milione e 200mila euro a fronte di una pur successiva stima di 700mila euro da parte dell’Agenzia delle Entrate.

La deposizione del sindaco Cialente – al quale è sembrato, per un istante, di tornare all’epoca in cui, studente al terzo anno, si trovò seduto per un esame proprio davanti ai professori Schippa e Volpe, con tanto di domanda-incubo sui lattidi – è stato un doloroso ricordo del post-sisma. «In nome di aiutare L’Aquila, parti di centrodestra e centrosinistra tentavano di portare via tutto. Fu un arrembaggio. La cosa finì la notte del 5 maggio con la vergognosa ordinanza poi fatta sparire, scritta da alcuni elementi della giunta regionale con l’accordo del governo che tutti gli uffici pubblici tranne il Comune venivano trasferiti fuori L’Aquila dove restava solo il Comune. Stesso trattamento, si disse, è riservato ai dipendenti degli uffici. Sarebbe stata la morte della città. Quella notte fu uno degli scontri più duri, lanciai una sedia e minacciai di chiamare gli aquilani a circondare la Finanza. Poi fu cancellata. E furono trovate soluzioni. Il gruppo del Rettorato fece la battaglia, ma come si era proceduto per trovare le sedi io non l’ho seguito. Furono giorni drammatici ma non ci aiutarono. Anzi, se qualcuno avesse potuto far brillare il poco rimasto lo avrebbe fatto. Ingegneria nella Marsica, a Lanciano altre facoltà e non ultima Medicina a Chieti e Giulianova. Questo disegno fu sventato».

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