Progetto case, Di Giovambattista e Gamal:  «Attenzione a cambiare i criteri di gestione»

«Vorremmo invitare Luca Rocci e Roberto Santangelo alla prudenza, a guardare con attenzione ai rischi che comporta estendere a tutti i settori e tutte le questioni un approccio amministrativo che più...

«Vorremmo invitare Luca Rocci e Roberto Santangelo alla prudenza, a guardare con attenzione ai rischi che comporta estendere a tutti i settori e tutte le questioni un approccio amministrativo che più che a risolvere problemi e fare gli interessi generali mira a dare segnali all’elettorato». Lo affermano in una nota congiunta l’ex assessore comunale Emanuela Di Giovambattista (nella foto) e l’ex consigliere straniero Gamal Bouhaib in relazione alla gestione del Progetto case. «Un conto è urlare “Prima gli aquilani” a un comizio elettorale» dicono, «un altro farsi carico della collettività, della convivenza, della coesione sociale. La stessa prudenza ci permettiamo di raccomandarla all’assessore Bignotti, che annuncia di volere sospendere e riscrivere il bando per l’housing sociale sulla falsariga dello stesso facile principio, “Prima gli aquilani”. Se L’Aquila è stata fino a oggi una città che non ha avuto problemi in questo senso, se è stata unita, se gli stranieri hanno cooperato al bene comune e se abbiamo potuto parlare e discutere di integrazione e accoglienza piuttosto che di ordine pubblico, è stato grazie all’attenzione e alla cura messa in campo dalle politiche e dalle azioni amministrative del Partito democratico e del centrosinistra. Volere mettere in discussione tutto questo, per giunta mettendo le mani a una procedura già conclusa, significa esporsi alla frustrazione di chi, straniero e non, attende la casa da un anno. A quella di chi pensa di volere costruire un futuro nella nostra città venendo da fuori i confini amministrativi. L’Aquila sta infatti vivendo un paradosso tragico: attira le risorse di investitori globali e nello stesso tempo si prepara a chiudere la disponibilità di alloggi a chi provenendo da fuori città, non dal Marocco o dalla Tunisia, ma persino da Milano o da Roma, ne vuole arricchire il tessuto culturale».