Quella messa in quota alla festa del Velino

Tantissimi escursionisti si arrampicano in vetta per ascoltare don Patrizio Molti giovani sui sentieri, poi la pastasciutta al rifugio prima della discesa

MASSA D’ALBE. Scarponi blu con suola in Vibram seminascosti dall’abito talare e libro delle Sacre scritture in mano, alle 11 in punto don Patrizio celebra la Santa Messa in quota. Nel giorno della Festa del monte Velino, che cade ogni prima domenica di luglio, da circa trent’anni la messa si celebra a 2.487 metri di altitudine, sulla vetta del terzo massiccio degli Appennini. Uno dei più duri da scalare, imprevedibile da un punto di vista meteorologico. Diversi i punti da cui sfidare il monte con i suoi brecciai, gli strapiombi, le cavità, le pareti rocciose, la flora ricca di biodiversità.

[[(Video) Festa del Monte Velino, messa a 2.500 metri di altitudine]]

Sono almeno 1.500 i metri di dislivello da affrontare. Sveglia all’alba, si parte questa volta da Massa d’Albe (930 metri) ed è meglio affrontare la salita con la frescura del mattino. Sotto, a valle, il Fucino cuoce con i suoi 35-40 gradi. Il sentiero scelto per questa domenica è il numero 5, da sud-est. La comitiva è di quelle più solide, amici di vecchia data, età 65-70 anni, una sola donna che abbassa la media. Da Massa si percorre una carrareccia fino al canalino di Valle Lama, dove s’incrociano i sentieri 4 (conduce alla grotta di San Benedetto), 5 (diretto al Velino) e 6 (da Fonte Canale) lasciandosi via via alle spalle l’orizzonte multicolore del Fucino. In questo momento dell’anno i canaloni sono un’esplosione di piccoli fiori: i gigli di montagna, i blu “non ti scordar di me”, le violette, le orchidee di vario tipo. Infine, eccola, la vetta: un miraggio dopo quasi 5 ore di camminata ripida. Il Velino è la montagna di tutti, delle ragazze e dei ragazzi, come Luca, Lorenzo, Roberto e Giuseppe, tutti 18enni di Magliano dei Marsi. «È la prima volta che assistiamo alla messa sulla vetta, è stato emozionante», raccontano. Poi giù, di corsa, lungo la valle del Sevice per arrivare al rifugio omonimo dove è in preparazione un lauto ristoro: pasta e vino per tutti. Nelle domeniche d’estate il Velino è preso quasi d’assalto, “complice” anche l’apertura del rifugio, l’unico presente sul massiccio e gestito con cura dai volontari, dove si può anche pernottare. A sfidare il caldo, anche padri con bambini piccoli. Oppure alpinisti come Peppe Berardi di Sulmona. «Compio 90 anni fra due anni e mezzo», dice. Da giovane ha sfidato il Kilimangiaro. Ma tutto ti aspetteresti di trovare sulla vetta del Velino, tranne che un piccolo altare e un parroco che celebra la messa. Nulla è lasciato al caso, l’ostia e il calice del vino sono posti in un piccolo altare ricavato nella roccia, al di sotto della croce. «Siate liberi uomini di Dio, non sentitevi in colpa nel ricevere la Comunione dopo aver mangiato», dice don Patrizio Ciccone, 30 anni, parroco di Magliano, alla sua quarta messa in quota. Intorno a lui almeno una settantina di escursionisti, arrivati soprattutto dalla Marsica e da tutto il centro Italia, accompagnati dall’associazione Gruppo escursionisti del Velino. Alle sue spalle intanto altre decine di persone s’arrampicano sulla croce per fare la foto di rito. Prima che il cielo cambi, si deve ripartire riscendendo verso la capanna di Sevice attraverso la cresta (gli strapiombi amati dagli sciatori in molti punti sono pericolosi), e si riscende fino a Rosciolo. A chiudere il cerchio, una visita alla chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta (XI secolo). Peccato, però, che sia chiusa con il lucchetto.

Marianna Gianforte

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