Quella notte del mancato allarme

Sei domande a Bertolaso da 2 medici che hanno perso gli affetti più cari.

L’AQUILA. Vincenzo Vittorini e Massimo Cinque, che nella notte del 6 aprile hanno visto le loro famiglie e le loro vite distrutte, hanno scritto la seguente lettera indirizzata in particolare al capo della Protezione civile, Guido Bertolaso:
«Abbiamo già detto in altre occasioni che sulla gestione del dopo sisma non c’è nulla da obiettare; ci saranno anche stati sbagli, cose che potevano essere fatte meglio, ma è stato fatto. Sulla gestione del prima abbiamo dubbi atroci. Ed è proprio sulla gestione del prima che noi vogliamo soffermarci. E’ arrivato il 1 febbraio ed il passaggio delle consegne. Ed allora è arrivato il momento di fare delle domande e di avere, se possibile, delle risposte. In noi sono vive e martellanti le parole pronunciate da Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile, il 14 agosto scorso durante il videoforum organizzato dal Centro.

All’ultima domanda di Giustino Parisse, “si poteva fare qualcosa prima?”, Bertolaso risponde “parlerò il 31 dicembre nel momento in cui vi saluterò. Dirò tutto quello che penso anche su questo argomento. Oggi ritengo che non sia ancora opportuno. Anche perché voglio che lo sappiano tutti: su 24 ore al giorno ci penso ogni minuto”. Successivamente Bertolaso in una lettera di risposta al padre di una giovane vittima definiva “troppe le morti avvenute durante il sisma”. La nostra non è quindi una polemica sterile: le parole a volte possono essere più pesanti dei macigni. Le risposte se verranno, non serviranno certo a far tornare i nostri cari, ma per far sì che certe cose, nel limite del possibile, non accadano più. Per far sì che finalmente il nostro Paese cambi mentalità. Per far sì che non ci debbano essere i drammi, le tragedie, i morti per far riflettere.

Bisogna riflettere prima e porre in atto, ripetiamo se possibile, le misure di prevenzione. Altrimenti è inutile fare studi costosi sulla prevenzione se poi non vengono attuati. Altrimenti è inutile promettere sulle “bare” che le cose cambieranno. Altrimenti è inutile spendere soldi per rendere, come nel nostro caso, antisismico ciò che non lo è. Basta aspettare l’evento, vedere come va, piangere in caso di tragedie vere e poi lasciare tutto come prima. Tanto il prossimo evento forse ci sarà tra 300 anni. Ed invece no. Bisogna cambiare, fare, innovare in sicurezza anche se il prossimo evento accadrà fra 300 anni. Forse si sarebbe potuto fare anche prima del nostro sisma. Altrimenti basta pensare: “speriamo che la prossima calamità colpisca da un’altra parte; speriamo che non colpisca noi”.

Ma non è così. Venti secondi maledetti, ti strappano ciò che di più caro hai e ti lasciano con un senso di vuoto infinito. Quindi bisogna fare. Fare prevenzione e fare informazione. Bisogna, nel nostro Paese, cominciare ad assumersi le responsabilità delle cose fatte o non fatte o fatte male. Se l’unico modo per scampare ad una calamità naturale è la prevenzione, che significa case sicure, allora facciamole se nuove e ristrutturiamole se già esistenti oppure abbattiamole se costruite con dolo, laddove c’è un pericolo documentato. L’informazione deve essere vera ed efficace.

Su tutto. Come è possibile per esempio che per i terremoti fuori del nostro territorio nazionale sappiamo tutto, in particolare la magnitudo molto precisa ed invece per ciò che accade da noi ci sono dati che si accavallano in un turbinio di numeri dove è difficile trovare la verità. La verità anche se dura va detta e non trincerata dietro la “ragion di stato”. E quindi le nostre domande: 1) Poteva essere fatto qualcosa prima per evitare la tragedia dato che il Mostro bussava alle nostre porte da 4 mesi?
2) Si poteva dare un’allerta prima? (non un allarme che potrebbe causare più problemi dello stesso evento)
3) Perché l’Aquila risultava in zona rischio sismico 2?
4) Perché sono rimasti inascoltati gli studi sul rischio sismico del 1988 (Panone), del 1999 (Barberi) e del 2006 (Abruzzo Engineering)?
5) Perché non fare i controlli in base ai suddetti studi e di conseguenza fare le opere di messa in sicurezza prima del Mostro?
6) Perché non allertare sapendo, proprio in base a quegli studi, che L’Aquila era in pericolo in caso di sisma di notevole intensità?
Pensiamo che siano i perché a cui Bertolaso, come aveva promesso in 14 agosto, dovrà rispondere, per evitare altre tragedie in futuro. Per non dover mai più piangere altri Claudia, Daniela, Davide, Fabrizia, Matteo e ancora e ancora».