Ricostruzione pesante, tante incertezze

Si attendono norme e risorse, ma di concreto per ora non c’è nulla

L’AQUILA. Si dice, a ragione, che all’Aquila e nel suo circondario, la vera ricostruzione, quella definita pesante, non è ancora iniziata. In effetti anche se qualcuno volesse prendere una iniziativa in tal senso - parlo in particolare dei privati - non saprebbe davvero da dove cominciare. Sono, o meglio siamo, tutti in attesa, di una pluriannunciata ordinanza, di cui però non si hanno tracce.

Le domande che i terremotati (e parlo soprattutto di quelli che hanno avuto la casa crollata o comunque molto danneggiata) si pongono sono molteplici. Risposte per ora nessuna. La speranza è che nelle segrete stanze qualche anima buona e volenterosa (se competente ancora meglio) stia mettendo mano a una ipotesi che prima o poi permetta di “scrivere” uno strumento normativo e finanziario in grado di far partire la ricostruzione. Gli interrogativi rimasti in sospeso sono tanti.

Il primo è che cosa accadrà nei centri storici che oggi sono identificati più che altro come zone rosse. Sarebbe bene sapere (in via ufficiale) se per esempio qualcuno si sta occupando o si è già occupato della microzonazione (parola complicata per identificare il rischio sismico area per area e comportarsi di conseguenza nel momento degli appalti), se sono state già fatte o per lo meno ipotizzate le perimetrazioni dei centri storici (compito questo degli enti locali), quanti soldi saranno dati per le prime case, se nei centri storici saranno indennizzate anche le seconde case, se si può ricostruire una casa anche in un posto diverso da dove era quella originaria e a chi passerà la proprietà del sito una volta sgomberato dalle macerie.

E poi si parla di comparti (ampie zone cittadine) su cui intervenire in maniera omogenea, di consorzi fra proprietari che stanno nascendo per gestire le risorse della ricostruzione, di schiere di tecnici e imprese pronti a invadere L’Aquila per «darvi una mano». Tutte domande alle quali ci sarà (sicuramente) il solito politico o esperto che si dice pronto a rispondere e a dire che è stato già tutto fatto: la microzonazione, la perimetrazione, i progetti. Ma in realtà il cittadino “normale” di tutto ciò non sa nulla o quasi e continua a interrogarsi e a chiedersi quando potrà mettere mano alla ricostruzione di casa sua e soprattutto su quanti soldi potrà contare.

Fino a quando non ci sarà uno strumento legislativo chiaro e che stabilisca con esattezza le risorse la ricostruzione dell’Aquila sarà solo esercizio accademico. Forse il sindaco Massimo Cialente e il presidente della giunta regionale Gianni Chiodi potrebbero già dare delle indicazioni sui tempi che restano ancora da attendere per avere una ordinanza o qualcosa di simile che consenta ai cittadini non di avere i soldi domani ma almeno di poter cominciare a delineare un percorso che non è solo questione di legno e cemento ma è soprattutto guardare al futuro con meno incertezza. Due giorni fa, la Cna e la Api Edil hanno diffuso una nota in cui fanno una proposta. Ieri ne abbiamo riferito i passaggi più importanti.

Le due associazioni danno anche delle indicazioni tecniche su come intervenire e in particolare scrivono: «Tutti gli interventi oltre al ripristino dell’agibilità attraverso la riparazione dei danni dovranno prevedere il miglioramento sismico, assicurando la riduzione o l’eliminazione delle carenze strutturali che ne influenzano sfavorevolmente il comportamento sismico. Negli edifici in muratura si devono assicurare i collegamenti fra orizzontamenti e maschi murari e fra questi ultimi, nonché la riduzione delle spinte nelle strutture voltate e nelle coperture. Negli edifici in cemento armato si deve intervenire sulle tamponature al fine di migliorare il comportamento sismico del sistema resistente. Gli interventi vanno eseguiti sulla base di progetti unitari che comprendono interi edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente».