Riga: mai preso mazzette Di Gregorio: che c’entro?

Inchiesta tangenti, gli indagati negano i sospetti. Menestò: solo calunnie Di nuovo ascoltato anche il costruttore Silva, uno dei grandi accusatori

L’AQUILA. Nessuna tangente, tantomeno «alla Grappa», nessuna firma sui documenti scottanti, e tantomeno contraffazioni di atti. A sentire gli indagati l’inchiesta «Do ut des» di Procura e squadra Mobile sul giro di mazzette negli appalti sembra che lieviti sul nulla, ma gli investigatori ribadiscono le loro versioni dei fatti.

Nella giornata di ieri i tre indagati sono sfilati davanti al pm David Mancini negli uffici blindati della Procura con polizia e carabinieri a presidio dell’ingresso.

Il primo a presentarsi davanti al pm è stato il dirigente comunale Mario Di Gregorio assistito dagli avvocati Stefano Rossi e Massimo Manieri. Di Gregorio è indagato per avere contraffatto degli atti dei lavori di puntellamento a Palazzo Carli allo scopo di favorire la ditta Steda ai fini del pagamento di oltre un milione mentre erano stati eseguiti dalla Silva costruzioni.

Di Gregorio si è avvalso della facoltà di non rispondere presentando però una memoria e dicendosi disponibile a essere ascoltato quando il pm vorrà. Ma ha spiegato la sua tesi difensiva. «Non so perché sono indagato», ha detto. «Non c’è la mia firma nella delibera con cui si autorizza il Sal (stato avanzamento lavori) di un milione 200mila euro alla ditta Steda e neppure negli atti allegati». «Inoltre non ero il Responsabile unico del procedimento, che ha competenza di controllare gli atti contabili né dirigente di quel settore». L’avvocato Rossi ha mostrato la delibera che non reca la firma di Di Gregorio ma di altro soggetto non indagato. Proprio dalla questione del Sal di un milione 200mila euro, che la ditta Steda avrebbe incassato, è partita l’inchiesta, nata dal contenzioso su questo pagamento tra la stessa Steda e l’impresa Silva, che rivendica la somma. L’avvocato Manieri è perentorio: «Si sta sputtanando questa città per fatti tutti da accertare».

Breve l’interrogatorio di Riga, assistito dall’avvocato Carlo Benedetti che è anche presidente del consiglio comunale. L’ex amministratore non si è risparmiato toni polemici. «Sono l’unico vicesindaco che si è dimesso per un avviso di garanzia. Mi sento tranquillo, ho risposto alle domande». Riga, in particolare, risulta accusato di aver ricevuto una tangente di 10mila euro nella confezione di una bottiglia di Grappa. A tale riguardo ha aggiunto che la circostanza è priva di fondamento e che «qualcuno», riferendosi all’amministratore della Steda Daniele Lago, grande accusatore degli amministratori aquilani, «dovrà assumersi la responsabilità di quanto ha detto». A Riga è stato chiesto se avesse mai avuto contatti con personaggi i cui nomi circolano nell’ordinanza di arresto. «Non è questa la città del malaffare», ha poi commentato Benedetti, uscendo dagli uffici della Procura.

«Il mio assistito ha precisato di aver visto solo fatture regolari e che quindi non ha responsabilità». Lo ha riferito Davide Zaganelli, legale dell’ingegnere di Perugia Fabrizio Menestò, al termine dell’interrogatorio. Menestò è quello che si è trattenuto di più a parlare con il pm. «È entrato nell’inchiesta per le dichiarazioni di qualcuno che non ha raccontato come stanno le cose», ha continuato l’avvocato parlando di Menestò. «Anche negli atti», ha spiegato ancora Zaganelli, «gli stessi pm scrivono che sembrerebbe manomessa la contabilità». L’ingegner Menestò, tramite i propri difensori, gli avvocati Zaganelli e Gian Luca Totani, al termine dell’interrogatorio ha sottolineato di avere «smentito documentalmente chi mi ha falsamente accusato al fine di non retribuire le mie legittime prestazioni professionali». «Ho dimostrato», ha aggiunto, «di avere tenuto regolarmente la contabilità dei lavori di Palazzo Carli, nonché di non avere manomesso la fattura incriminata con riferimento al conto corrente dedicato, come attestato dalla medesima fattura. Tanto è vero che il Comune ha liquidato l’importo dei lavori dopo avere verificato la regolarità della contabilità e di detta fattura. A questo punto non mi resta che procedere con denuncia penale nei confronti di chi mi ha calunniato». Non è stato sentito il quarto indagato Daniele Lago, colui che con le sue dichiarazioni ha confermato i sospetti della Mobile. Lago, ha detto il difensoreMassimo Carosi, ha già raccontato la sua verità agli investigatori. Nel pomeriggio sono stati sentite altre persone interessate all’inchiesta. Tra costoro anche Cesare Silva, l’imprenditore che nel procedimento risulta essere uno degli accusatori principali. Il gip ha fissato per giovedì gli interrogatori degli arrestati: Pierluigi Tancredi, Daniela Sibilla, Vladimiro Placidi, Pasqualino Macera.

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