Scosse, paura, primi danni E qualcuno va a dormire al mare 

Tre giorni prima del sisma del 2009 ancora scuole sgomberate, lo sciame non concede tregua Il piano di protezione civile rimasto lettera morta. L’assessore incalzato dal Centro: «Siamo pronti»

L’AQUILA. Siamo a venerdì 3 aprile 2009. Il sisma non abbandona le pagine dei giornali. Il Centro titola: “Aumentano i danni del terremoto, dai privati migliaia di segnalazioni a vigili del fuoco e Comune, ieri due scosse, dopo la più forte scuole evacuate”. La cosa che colpisce sono le “migliaia di segnalazioni”. Significa che mezza città aveva subìto danni (piccoli o grandi non lo sapremo mai) ma questa cosa – ammesso che fosse vera e non gonfiata per motivi meramente speculativi – non mise il tarlo del dubbio a chi in quel momento – a vari livelli – aveva la responsabilità dell’incolumità pubblica.
PROTEZIONE CIVILE. La mattina del 2 aprile 2009 dalla redazione del Centro, sul presto, era partita una telefonata all’allora assessore alla Protezione civile Roberto Riga. Il piano di protezione civile del Comune dell’Aquila era stato formalmente approvato qualche settimana prima, ma di fatto era rimasto lettera morta. La richiesta del Centro all’assessore era di far conoscere all’opinione pubblica quel piano anche attraverso una conferenza stampa. “Non ci interessano scoop”, fu detto all’amministratore, “ma una informazione che arrivi a tutti e attraverso tutti i mezzi a disposizione”. La risposta fu che una conferenza stampa avrebbe creato eccessivo allarmismo. Allora chiedemmo di avere in via informale delle notizie su quel piano. La nostra esigenza era di tentare di fornire ai lettori una sorta di bussola affinché potessero orientarsi nel caos informativo di quelle settimane in cui si era detto tutto e il contrario di tutto: il terremoto non si può prevedere, lo sciame non prelude a forti scosse, non date retta ai profeti di sventura, non c’è allarme, è normale attività sismica in un territorio vocato ai terremoti, tante scosse piccole nessuna scossa forte e via discorrendo. Ecco cosa fu attribuito a Riga (e mai smentito) sul Centro del 3 aprile 2009: “Il piano del Comune è già scattato e la Protezione civile ci ha fatto anche i complimenti. Siamo nel modulo della fase di attenzione, comunque non di emergenza, perché al momento non ci sono problemi seri. In ogni caso abbiamo come centri di raccolta o zone di attesa per la popolazione in caso di sisma importante tre punti: piazza Palazzo, piazza Duomo, l’area del Castello. Inoltre per eventuali tendopoli sono state individuate le aree di piazza d’Armi e Centi Colella. Sono allertati, oltre a tutte le forze dell’ordine, alcune centinaia di volontari e i dipendenti del Comune”.
RIVELAZIONI. Queste sono le sole cose che il Comune “rivelò” – su insistita richiesta della stampa locale – del fantomatico piano di emergenza che, è stato poi accertato, era solo sulla carta, scritto pure male e di cui nessuno sapeva nulla e quindi era inutilizzabile. Negli articoli di quel giorno si dava conto anche di “una crepa” nel tetto della basilica di Collemaggio, mentre la basilica di San Bernardino era stata posta “sotto osservazione”. In mancanza di indicazioni chiare qualche aquilano che all’epoca fu definito “fifone”, mentre in realtà fu solo previdente, decise di andare a dormire nella casetta al mare. Questo il “racconto” che fece il Centro il 3 aprile 2009: “La notte di lunedì, dopo le due forti scosse avvertite da tutta la popolazione, c’è chi non ha chiuso occhio per la paura, chi ha tirato tardi per rimanere fuori più a lungo possibile, ma c’è anche chi – per non sapere né leggere e né scrivere – ha fatto fagotto e preso la macchina per dormire fuori città, approfittando della sua casa al mare. È andata così a un lettore che vive al sesto piano di un palazzo del centro storico. «Da mesi i giornali parlano di scosse e scossette», spiega. «Queste informazioni trovano riscontro scientifico sul sito dell’Ingv. Negli ultimi giorni abbiamo assistito all’intensificarsi degli eventi sismici fino ad arrivare a lunedì. Quando è arrivata la scossa forte, ho visto cadere libri e dischi del mio studio. I miei figli si sono molto spaventati e siamo usciti, dirigendoci verso piazza Duomo. Non credo di esagerare nel dire aver visto il palazzo ondeggiare». Lì nel frattempo si erano radunate centinaia di persone. «Quando sono arrivate le altre scosse del tardo pomeriggio abbiamo deciso di non restare all’Aquila e di raggiungere la casa al mare. Abbiamo dormito senza riscaldamento, ma al sicuro».
IDENTITÀ E FUTURO. Quel 3 aprile naturalmente la cronaca parlava anche di altro. In particolare nel pomeriggio era previsto un convegno al Palazzetto dei Nobili dal titolo: “L’identità è il futuro, la sfida riparte dai territori”. Al convegno parteciparono il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente, Gianfranco Giuliante presidente del gruppo regionale Pdl; Luca Ricciuti consigliere regionale; Salvatore Santangelo, membro dell’esecutivo nazionale di Azione Giovani. L’incontro fu moderato da Alfonso D’Alfonso dell’associazione Lorenzo Natali. L’obiettivo di quel convegno sulla carta era “rinsaldare il rapporto di amicizia tra la Capitale e la Provincia dell’Aquila”. In realtà si trattò di un appuntamento in cui i partecipanti avevano più che altro lo sguardo rivolto alle elezioni provinciali previste a giugno insieme alle Europee. E infatti si parlò molto di candidature (nel centrodestra in particolare). Le amicizie da rinsaldare erano soprattutto quelle politiche e in quel convegno si notò un trasversalismo tipico di una città in cui di giorno si litiga (per finta) e di sera si pasteggia tutti insieme e si brinda a possibili, future e luminose carriere. La compagnia teatrale l’Uovo il giorno prima aveva presentato un libro sui trenta anni di attività , alla tabaccheria Morelli sotto i portici erano stati vinti 33.000 euro con il superenalotto e 10.000 euro con il Gratta e Vinci, l’Unione europea aveva archiviato la procedura di infrazione verso l’Italia per la vicenda della metropolitana di superficie, da Paganica si lamentavano buche e strade dissestate soprattutto in contrada Pietralata, nelle scuole si paventava il rischio che potessero saltare 200 supplenze, a San Giacomo la scuola elementare era stata intitolata a Gianni Di Genova educatore e uomo impegnato nel volontariato scomparso due anni prima, nel santuario di Roio il parroco don Osman presentava il musical “Jesus, sette giorni prima”, a Monticchio c’era una mostra dell’artista Lia Garofalo. Un lungo intervento di Goffredo Palmerini, ex vicesindaco ed ex consigliere comunale, tre giorni prima del sisma, metteva il dito sulla piaga di un’altra parola all’Aquila molto “abusata”: cultura. Palmerini partiva dalle critiche che in quei giorni venivano mosse all’Accademia dell’Immagine per affermare che “gli aquilani non solo stentano a riconoscere e valorizzare le vere ricchezze della città ma a volte addirittura le demoliscono assaliti da una strana sindrome da cupio dissolvi. E pensare che in qualunque altra parte del nostro Paese se altri potessero contare su qualcuna delle nostre ricchezze (culturali, ndr), investirebbero senza indugio, le terrebbero in massima considerazione, ne farebbero cespite rilevante per il futuro. All’Aquila invece no”. Insomma anche la cultura alla vigilia della catastrofe non godeva di buona salute.
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