Scosse sempre più frequenti e la messa per Sant’Emidio 

Il 17 marzo 2009 il sisma si fa sentire anche a Sulmona: 3,6 Richter. Selvaggi (Ingv): «Imprevedibile» Nella chiesa delle Anime Sante l’arcivescovo e i canonici in preghiera a sei giorni dalla catastrofe

L’AQUILA. Il 17 marzo 2009 (la notizia apparirà sul Centro del 18) due scosse di terremoto vengono registrate a Sulmona. Un evento che distoglie per un attimo l’attenzione sullo sciame sismico dell’Aquila. SULMONA. Sulla pagina peligna del 18 marzo così viene raccontata la situazione che si era venuta a creare: “Due scosse nella notte hanno tolto il sonno a tutti i sulmonesi e agli abitanti dei centri che gravitano intorno a Sulmona. La prima scossa, di magnitudo 3,6 della scala Richter, una delle più forti registrate in Abruzzo in queste ultime settimane, si è manifestata alle 2 e 12 minuti. La scossa ha svegliato gran parte della popolazione. La seconda, più lieve, è arrivata dopo quasi quattordici minuti con una magnitudo di 2,5. Tanta paura, ma nessun danno”. Oltre alla cronaca c’era una breve intervista a Giulio Selvaggi, direttore del dipartimento del centro nazionale terremoti dell’Ingv, che ribadiva gli stessi concetti già espressi nell’intervista di qualche giorno prima sempre al Centro: “Si tratta di fenomeni imprevedibili”, diceva Selvaggi, “ma non è detto che le scosse che si stanno verificando nella Marsica e nella Valle Peligna siano il campanello di allarme per un evento tellurico di grandi proporzioni. Paradossalmente anche la mancanza di segnali sismici potrebbe essere un indizio per un eventuale fenomeno tellurico, i terremoti non si possono prevedere ma possiamo prevenire gli effetti provocati da un sisma”. Insomma, per salvarsi da un terremoto bisogna abitare in case sicure. E chi invece non abita in case sicure, che è poi la maggioranza della popolazione dei centri storici? Con il senno del poi si ha l’impressione che si aveva a che fare con un gioco di parole capace solo di confondere le idee. La sostanza era però che in caso di forte terremoto a breve termine si poteva fare affidamento solo sulla dea bendata che avrebbe chiesto la sua percentuale di vite umane come accaduto in passato. Per i credenti non sarebbe stato male raccomandarsi a qualche Santo come per esempio Sant’Emidio (cosa che l’arcivescovo Molinari fece nella prima settimana di aprile 2009). Ma un prezzo da pagare c’era comunque. È come quando, al primo gennaio di ogni anno, già sappiamo che nei 12 mesi successivi migliaia di persone moriranno in incidenti stradali. Tutti speriamo che non tocchi a noi e facciamo finta di nulla. Dopo dieci anni (e con altri due terremoti di mezzo) in Italia – come è noto – la gran parte delle abitazioni dei centri storici delle città in caso di forte scossa crollerebbe. E madre natura continuerà a chiedere sacrifici umani. Salvo poi ricominciare con paginate di giornale a lamentare la mancata messa in sicurezza del territorio (e non solo dal sisma). Vicino al parere del sismologo, sul Centro del 18 marzo compariva un’intervista all’allora assessore alla protezione civile del Comune di Sulmona, Enea Di Ianni, che rassicurava: “Pronti all’emergenza, il piano di protezione civile è scattato subito”. L’assessore invitava la popolazione “a non farsi prendere da un panico ingiustificato. La situazione resta sotto controllo”. Su quelle due parole “sotto controllo” ci si potrebbero scrivere intere enciclopedie per tentare di interpretarle. Ma sarebbe del tutto inutile visto che significano tutto e il contrario di tutto.
NUOVA SCOSSA ALL’AQUILA. Il 19 marzo 2009 anche L’Aquila naturalmente festeggiava i papà (per me fu l’ultima occasione per ricevere e dare gli auguri in nome di San Giuseppe lavoratore). Fra una zeppola e un sms il capoluogo stava però risprofondando nell’incubo terremoto. Infatti il giorno prima c’era stata una scossa di magnitudo 2,2. Il titolo del Centro del mattino dopo fu “L’Aquila, il terremoto non dà tregua. Qualche scuola è stata fatta sgomberare per pochi minuti. Il Comune: per ora non c’è allarme”. Quel “per ora” letto oggi sembra una fosca previsione in una frase che invece, come al solito, voleva rassicurare. Quel giorno toccò a me scrivere la cronaca di quanto andava accadendo. Ecco una parte di quel testo con un “incipit” che cercava di interpretare l’atteggiamento che avevano gli aquilani rispetto alle scosse ripetute: “C’è ormai chi lo aspetta quasi come un amico che ti chiama al telefono tutti i giorni per sapere come stai. Qualcuno ci ha fatto persino l’abitudine, ma quando la terra trema e scuote case e palazzi è difficile restare del tutto indifferenti. Ieri mattina alle 10,23 l’ennesima scossa di una serie infinita (a fianco all’articolo veniva pubblicata una tabella con le scosse a partire dal 14 dicembre, tabella che si allungava sempre più, ndr). La magnitudo è stata di 2,2. Ed stata sentita in tutta la città”. E poi il pezzo continuava “La scossa di ieri mattina nel capoluogo (epicentro fra L’Aquila, Lucoli e Roio) ha fatto seguito a quelle più forti che si sono verificate due notti fa a Sulmona. Il terremoto negli ultimi mesi ha toccato un po’ tutta la provincia, ma è L’Aquila la città dove si stanno ripetendo scosse ormai da tempo e con una continuità che fa un po’ impressione e non può non creare qualche apprensione anche se gli esperti continuano a ripetere che lo sciame non presuppone eventi maggiore portata. Ieri mattina, alle 10,23, qualche scuola (per esempio l’Itc) è stata fatta evacuare anche se per pochi minuti. Poi tutto è tornato alla normalità in attesa di un nuovo evento sismico. Anche dal Comune rassicurano. L’assessore alla Protezione civile Roberto Riga ribadisce: non c’è motivo di allarmarsi, ma all’occorrenza abbiamo dei piani precisi per affrontare qualsiasi evenienza. Abbiamo intensificato le comunicazioni con il centro operativo regionale – dice Riga – al fine di gestire al meglio la situazione qualora si verificasse un evento sismico rilevante. Per ora – ha sottolineato Riga – non c’è motivo di preoccupazione”. La frase-chiave dell’assessore era: “All’occorrenza abbiamo dei piani precisi per affrontare qualsiasi evenienza”. E infatti il sei aprile mattina i piani furono talmente precisi che ci si dimenticò di farli scattare sperando magari che lo facessero da soli.
LA NUOVA GIUNTA. In quei giorni al motivo di apprensione per lo sciame sismico se ne aggiungeva un altro. Il sindaco Cialente dopo quasi tre mesi di “crisi” stava per rinominare i componenti della giunta (come farà fra qualche giorno il sindaco Biondi dopo aver finito di fare i capricci e essersi fatto lusingare dai tanti che gli stanno ripetendo: torna con noi, non ci lasciare). La coincidenza a 10 anni di distanza appare quantomeno curiosa. Domani vi “sveleremo” a chi era affidata la città nei giorni in cui L’Aquila si presentava davanti alla storia. Tragica.
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