<strong>Ricostruzione a ostacoli. </strong>I sindaci sui contributi: senza soldi vivremo in paesi fantasma

Seconde case, raffica di diffide ai Comuni I non residenti: ci sentiamo discriminati

L’AQUILA. Diffide sui tavoli dei sindaci. Lettere degli avvocati dei non residenti. Chiedono i soldi per le seconde case nei paesi. I Comuni non pagano, gli avvocati minacciano. La ricostruzione a ostacoli.

SECONDE CASE. L’allarme è rilanciato da Lucia Pandolfi, sindaco di Montereale e neo-consigliere provinciale. «Sulle case dei non residenti rischiamo di giocarci la ricostruzione dei nostri paesi. E da qui dipende anche la sorte socio-economica dei piccoli centri. Infatti, in mancanza di indicazioni sulla consistenza dei contributi economici per le seconde case dei non residenti, attualmente fuori da ogni previsione di stanziamento, riceviamo diffide ogni giorno». A Montereale, paese che ha conosciuto una fortissima emigrazione verso Roma, ci sono seconde case di non residenti pari al 70 per cento del totale del patrimonio abitativo.

Gli avvocati dei proprietari delle abitazioni minacciano il Comune che, finora, non ha erogato alcun contributo per questa tipologia di case. «Non diamo soldi semplicemente perché non sono previsti soldi per le seconde case dei non residenti. Qui non parliamo di aggregati, le parti comuni non c’entrano. Si tratta di abitazioni singole, magari isolate, che hanno bisogno di essere riparate ma non a spese di chi le abita. Senza un chiarimento su questo aspetto non ricostruiremo nulla. Inoltre, sarà la fine per tutte quelle piccole attività che si reggono sui 2-3 mesi di permanenza estiva dei nostri compaesani residenti a Roma».

LE AREE OMOGENEE. Ieri nuovo incontro Fontana-sindaci. Capo della struttura tecnica di missione e amministratori a confronto sul tema delle aree omogenee, porzioni di territorio dalle caratteristiche comuni che si mettono insieme «per definire percorsi strategici armonici e unitari», come spiega uno dei promotori dell’incontro, Emilio Nusca, sindaco di Rocca di Mezzo. Sono state individuate 7 aree ma l’ipotesi sarà ridefinita per la parte che riguarda la fascia pedemontana del Gran Sasso. Per Nusca «è il primo passo verso il punto d’arrivo del collegamento sempre più intenso tra L’Aquila centro e la città territorio». I problemi dei paesi e delle frazioni verranno portati avanti non in maniera singola ma a livello di macro-aree, ciascuna delle quali esprimerà un rappresentante dei piccoli Comuni.

IL CASO-CAGNANO. Il villaggio Map avviato sull’acqua e poi bloccato nascerà lo stesso. La rassicurazione arriva dall’ex sindaco di Cagnano Amiterno Giuseppe Carosi. «A Cagnano risulta inagibile (da B a F) il 36% degli edifici. Circa 120 gli edifici E e F inagibili. I moduli abitativi sono stati previsti per i residenti e per la localizzazione è stata scelta quell’area a monte, più in alto della frazione Torre, che non è una palude, perché già classificata Peep nel piano regolatore». Sta di fatto che le piattaforme sono sott’acqua. «Sono stati fatti i sondaggi, ma le piattaforme sono state posizionate all’interno di un ampio e profondo scavo.

Così, essendo quell’area impermeabile, l’acqua non viene assorbita dal terreno e resta lì fin quando non evapora. Si è perso diverso tempo. La zona andrebbe prosciugata e andrebbe fatto un intervento di drenaggio a monte, cosa tecnicamente possibile. Le case necessarie sono 25, destinate a famiglie ora in autonoma sistemazione o in strutture da noi approntate come appartamentini della società Sacci risistemati e arredati a cura del Comune. Alcuni nuclei sono alloggiati nella frazione di Sala. Il villaggio serve, non è uno spreco».

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