«Serviva una grande esercitazione durante lo sciame»

Parla l’ex ministro Zamberletti, sentito come testimone «Basta morti causa sisma. Bertolaso? Ci pensa il tribunale»

L’AQUILA. «Non dobbiamo far vedere quanto siamo bravi ad arrivare, quanto siamo veloci a scavare tra le macerie. Prevenire, fare prima, non dopo. Mai più morti per terremoto».

Giuseppe Zamberletti, classe 1933, lascia l’aula alle 11,55. Ha appena finito la sua testimonianza al processo Grandi rischi-bis, quello che corre veloce verso la prescrizione. Quello che vede imputato Guido Bertolaso, suo successore alla guida della Protezione civile, per omicidio colposo plurimo. Nell’aula stipatissima ci sono 40 gradi, c’è gente in piedi e servirebbe davvero la Protezione civile. Almeno quella delle bottigliette d’acqua. Tra l’aula e l’ascensore, ecco il pensiero dell’ex ministro, cui non è mai piaciuta la famigerata riunione “periferica” della Grandi rischi del 31 marzo 2009. «La teoria dello scarico di energia non è sostenibile», ripete ancora. Ma questo processo riguarda altro: la telefonata tra Stati e Bertolaso. La cosiddetta “operazione mediatica”.

L’Aquila sette anni fa: 309 vittime e nessuna verità. Che è successo?

«Ricordo i precedenti terremoti all’Aquila, quello in Alto Sangro del 1984. Ci insegnano una cosa: dobbiamo modificare bene lo schema della preparazione della popolazione, che a fronte di uno sciame sismico non deve trovarsi solo a scappare. Deve, intanto, vedere la sua casa. E deve organizzarsi prima per sapere se la sua è una casa a rischio. All’Aquila, se si va a vedere, tra gli edifici moderni, costruiti bene, neanche l’un per cento è crollato. Sono crollati quelli dei centri storici, quelli che non avevano manutenzione».

Insomma, l’onere del controllo grava sui cittadini...

«I cittadini devono imparare a far valutare, e a valutare, le condizioni di rischio della loro casa in caso di crisi sismica. Non tutti devono andar via, ma solo quelli che a freddo hanno valutato le condizioni dei loro edifici. Fatti valutare con l’aiuto dei tecnici. Non devono farlo da soli: è un lavoro per l’Ordine degli Ingegneri, insieme alla Protezione civile».

Cos’è la Protezione civile?

«Non è solo correre quando la gente è sotto le macerie. La Protezione civile deve evitare che la gente resti sotto le macerie se la casa viene giù. Oppure, al tempo, ridurre la vulnerabilità dell’edificio. Si deve sapere che, in caso di crisi sismica, devi mettere le gambe in spalla».

Le norme bastano da sole?

«Basta la volontà. Le esercitazioni vengono organizzate senza aver bisogno di previsioni legislative, fa parte dei compiti di protezione civile, dipende dalla gestione operativa. Se io voglio lanciare in una zona ad alto rischio sismico un’azione di vigilanza e di controllo sulle condizioni degli edifici la faccio, parlo con gli ingegneri, col Comune e organizzo la visita a tutti gli edifici».

Fu fatto tutto il possibile per evitare la catastrofe?

«Tenendo conto delle condizioni di allora mi auguro di sì, io non ero in prima linea... Mi batto da anni per fare ancora di più di tutto il possibile. Il problema è modificare il criterio delle esercitazioni e non farne più per abituarci a essere rapidi a tirare fuori la gente da sotto le macerie, quanto piuttosto per evitare che la gente resti sotto le macerie: è una rivoluzione culturale. Oggi facciamo vedere quanto siamo veloci ad arrivare nel luogo della tragedia; la vera esercitazione è evitare di dover arrivare nel posto della tragedia. La tragedia non c’è perché la gente non resta sepolta sotto le case».

Che ruolo ha avuto la cosiddetta scienza all’Aquila?

«La comunità scientifica ha fatto grandi progressi. Fino a un po’ di tempo fa si parlava di sciame sismico, di scosse di assestamento. Oggi siamo in grado di sapere che quando c’è uno sciame sismico la possibilità di una scossa distruttiva è di uno a cento. Nel silenzio sismico, in una zona ad alto rischio, le possibilità sono uno a centomila, quindi praticamente zero. È chiaro che, quando c’è una crisi sismica, si entra in una situazione di allerta; l’esercitazione deve partire subito e preparare quella fase preventiva lì. In quella fase io devo stare attento alla gente che sta in una casa o che ha avuto ristrutturazioni incaute. Tenere sotto controllo le condizioni degli edifici in termini di manutenzione e di quelle modifiche che spesso mettono a rischio la stabilità».

Qui si poteva fare una grande esercitazione?

«Il sistema non era pronto per questa cosa. Adesso bisogna prepararlo per tempo e non aspettare che arrivi lo sciame».

Ai familiari delle vittime cosa direbbe?

«Il mio obiettivo è sempre stato quello di creare un sistema per cui di terremoto non si deve morire, non dico che le case non debbano cadere... ma che il danno all’edificio non provochi la morte della gente. La vita delle persone dev’essere al centro e la protezione civile dev’essere vista non più come una bella macchina del soccorso, ma una grande macchina della prevenzione».

E Bertolaso?

«Parlo in generale. Il problema Bertolaso lo vede il tribunale».

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