Sesso a tariffa in case agibili

Chiuse 2 abitazioni: clienti in fila anche dopo il sisma

L’AQUILA. Il sisma non solo non ha rallentato l’attività nelle case, agibili, del sesso a tariffa. Anzi, a sentire i poliziotti, in quegli appartamenti vicino a piazza d’Armi il «traffico» era aumentato proprio perché «erano rimaste in funzione solo quelle». Una brasiliana e una romena sono state mandate via. E le case sono state chiuse.

La prostituzione non si è fermata neppure dopo il terremoto. Un blitz della squadra Mobile diretta da Salvatore Gava ha fatto scattare la chiusura di due appartamenti oltre a un provvedimento di divieto di dimora in tutto il territorio provinciale dell’Aquila a carico delle due inquiline, che sono state ritenute responsabili di aver messo in piedi, e gestito, le due case d’appuntamento. Le misure cautelari sono state eseguite nei confronti di A.B.R.D., di 30 anni, di origini brasiliane, e di A.D.D., di 25 anni, romena. Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari Giansaverio Cappa al termine di una complessa attività di polizia giudiziaria per la repressione del fenomeno del favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

Le indagini sono state coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica Simonetta Ciccarelli. Partendo dagli annunci che le ragazze avevano inserito in alcuni giornali e siti Internet, «dove venivano esaltate le caratteristiche fisiche delle ragazze anche attraverso immagini fotografiche», gli uomini della seconda sezione della squadra Mobile sono riusciti a scoprire i luoghi dove avveniva la prostituzione. All’interno delle abitazioni, situate nelle vicinanze di piazza d’Armi, venivano fatte avvicendare, dopo essere state reclutate nei loro paesi di origine, numerose ragazze e transessuali prevalentemente provenienti dal Sudamerica. I clienti che contattavano le utenze telefoniche indicate negli annunci pagavano somme di danaro che variavano dai 70 ai 150 euro, a seconda delle prestazioni sessuali richieste.

L’attività di prostituzione era iniziata, secondo la ricostruzione effettuata dalla polizia, nell’inverno del 2008 ed è proseguita anche nei giorni immediatamente successivi al terremoto, «nonostante il manifestato timore della popolazione a rientrare nelle proprie abitazioni». Anzi, sulla piazza erano rimasti attivi soltanto questi due appartamenti tanto che i clienti erano stati tutti dirottati in queste abitazioni che, secondo gli investigatori, non avevano subìto danni rilevanti in seguito al terremoto. Dopo una serie di appostamenti e di pedinamenti, che hanno permesso ai poliziotti di raccogliere le prove sull’attività di prostituzione, la Procura della Repubblica ha richiesto i provvedimenti di natura cautelare finalizzati a porre fine all’attività.

Le due donne, risultate in regola con la normativa sul soggiorno, non possono stare nel territorio della provincia dell’Aquila. Le due abitazioni sono state liberate dalle due inquiline, in attesa che vengano ultimati gli accertamenti sui proprietari i quali, secondo le prime dichiarazioni rilasciate alla polizia, le avevano regolarmente affittate senza essere a conoscenza di quello che avveniva al loro interno. Ma su questo le indagini vanno avanti per accertare eventuali responsabilità da parte di terze persone. Negli ultimi anni in città sono stati chiusi diversi appartamenti che venivano impiegati per svolgere attività di prostituzione. A novembre 2008 le lamentele di alcuni residenti avevano fatto scattare i controlli in via Giovanni Di Vincenzo. Altre segnalazioni di viavai di uomini erano arrivate da Pettino, Coppito, via Roma e la Torretta.