Si licenzia per non pagare gli alimenti, condannato

L’uomo (padre di un bimbo di 6 anni) era stato denunciato dall’ex moglie per non aver versato le somme dovute per il mantenimento mensile del figlio

L’AQUILA. Pur di non pagare gli alimenti per il figlio minorenne si è licenziato. È la storia di un padre aquilano finito sotto processo e condannato in primo grado, dal giudice monocratico Angelo Caporale, dopo un anno dalla denuncia dell’ex moglie, a tre mesi di reclusione e al pagamento della pena pecuniaria in favore dello Stato, nonché a un cospicuo risarcimento dei danni patrimoniali e morali in favore del figlio.

L’imputato, padre di un bambino che oggi ha 6 anni, è stato ritenuto responsabile di violazione degli obblighi di assistenza familiare aggravata perché nei confronti di un minore. A denunciare la situazione, con una querela, era stata la madre del bambino, assistita durante il processo dall’avvocato Carlotta Ludovici.

«Il processo ha preso le mosse dalla violazione ripetuta dei doveri del padre sin dalla nascita del bimbo, doveri anche di natura economica, atteso il costante oltraggio del provvedimento giudiziale emanato dal tribunale per i minorenni dell’Aquila nel 2011, per mezzo del quale è stato regolato sia il diritto di visita che il mantenimento mensile a carico del padre in favore, non dell’ex compagna, bensì del figlio», spiega Ludovici. «Se quest’ultimo non fosse stato accudito e sostentato dalla madre e dalla famiglia d’origine di lei, seppur con immensi sacrifici e senza il benché minimo aiuto e supporto di chi invece è obbligato per natura prima ancora che per legge a farlo, a quest’ora il piccolo si sarebbe ritrovato abbandonato».

Il processo, instauratosi a seguito di querela sporta nel 2012 dalla madre a tutela del figlio minore, si è concluso dopo circa un anno a seguito di una corposa e difficoltosa istruttoria dibattimentale, con la condanna del padre.

«L’uomo, che lavorava alle dipendenze di una ditta privata», continua l’avvocato che ha sostenuto in aula le ragioni del minore, «è persino arrivato a licenziarsi pur di non pagare gli alimenti al figlio, come stabilito dal tribunale per i minorenni. La madre, costituitasi parte civile nel processo in questione è determinata a ottenere l’affidamento esclusivo del bambino», conclude Ludovici, «nonché a intraprendere una battaglia legale volta a togliere la potestà genitoriale al padre, anche alla luce della sentenza di condanna».

Michela Corridore

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