Le case non sono bastate per tutti Ricostruzione leggera ferma al palo Cassa integrazione per 15mila

Sisma, una tragedia senza fine

Ancora assistiti 52mila aquilani, 4300 persone vivono in albergo

L’AQUILA. Un centro storico diventato una «via crucis». Ovunque transenne, macerie e un silenzio opprimente. A un anno dal terremoto L’Aquila è ancora una città devastata e dentro i confini della «zona rossa» tutto continua ad essere tragicamente inanimato. Palazzi, chiese e monumenti sono stati puntellati, ma per la rinascita della città serviranno anni di lavoro e un fiume di denaro.

Ad appena 48 ore dal terremoto le persone assistite erano 27.772. Un numero destinato, con il passare delle ore, ad aumentare in modo spaventoso. Alcune settimane dopo gli sfollati ospitati nelle tendopoli e nelle strutture alberghiere sulla costa erano, infatti, 67.459. Ottantamila i sopralluoghi effettuati per verificare l’agibilità degli edifici. Poco più della metà quelli risultati senza danni. Una situazione drammatica, considerato che il 32% degli edifici privati controllati ha riportato danni strutturali e che il 15,9% delle abitazioni è stata classificata con lettera B o C (parzialmente o temporaneamente inagibili).

Così la prima emergenza da risolvere è stata quella abitativa. Un’emergenza affrontata con il progetto Case e con la realizzazione nei comuni limitrofi delle casette di legno (Map). 185 gli edifici antisismici costruiti nel comune dell’Aquila, per un totale di 4.449 appartamenti nei quali hanno trovato alloggio circa 15 mila persone. 3.535 i map realizzati nei comuni del cratere e successivamente nelle frazioni dell’Aquila. Alloggi che ora ospitano circa 8.500 sfollati. Ma quelle case non sono bastate. Sono ancora molti gli sfollati costretti a stare in strutture ricettive. 1.850 quelli che vivono ancora negli hotel sulla costa, 2.455 si trovano negli alberghi dell’Aquila e delle zone limitrofe, mentre 767 hanno trovato alloggio alla caserma Campomizzi e alla Scuola della Finanza a Coppito, quella che ha ospitato il G8.

Si tratta per lo più di single (tra loro molti gli anziani) e di nuclei familiari composti da due persone. Sfollati per i quali, pur avendo i requisiti, non è stato possibile trovare un alloggio diverso, visto che le case progettate e realizzate per far fronte all’emergenza sono state meno delle settemila richieste arrivate dalle famiglie che vivevano in case gravemente danneggiate o collocate in zona rossa. Un’emergenza tamponata con la realizzazione, anche nelle frazioni dell’Aquila, di casette di legno, le ultime delle quali sono ancora da consegnare. Una soluzione che ha ridotto, ma non risolto, il problema abitativo di un’intera comunità che contava, all’indomani del 6 aprile, oltre 67 mila sfollati. Ora sono 52 mila le persone assistite, (un numero che include anche chi è rientrato nel progetto Case o ha avuto un appartamento in affitto concordato), 27 mila delle quali hanno il contributo di autonoma sistemazione.

Ma intanto la ricostruzione stenta a partire. Ci vorranno anni anche solo per portar via le macerie, stimate in circa 5 milioni di tonnellate. Tantissimi i ritardi accumulati, soprattutto per le riparazioni leggere (case B e C), per una serie di intralci burocratici. Circa novemila le pratiche consegnate per il solo comune dell’Aquila. Ma pochissimi sono i cantieri finora aperti nonostante siano oltre 5.000 le domande che hanno ottenuto il contributo definitivo. L’ultimo intoppo risale a qualche giorno fa, quando è stato deciso di sospendere l’esame delle pratiche a causa del nuovo prezzario fissato dalla Regione per quel che riguarda l’utilizzo delle fibre di carbonio. Un prezzario modificato a febbraio quando erano già scaduti i termini per la presentazione delle domande. Un nuovo pasticcio, mentre per le case E la situazione è ancora ferma.

Ma il terremoto ha finito per mettere in ginocchio anche le attività produttive: 15 mila i lavoratori che usufruiscono della cassa integrazione in deroga. Una situazione di estrema difficoltà, tale da spingere gli amministratori locali, sindaco Cialente in testa, a chiedere misure urgentissime per la ripresa delle attività produttive. Una svolta necessaria per evitare la fuga dall’Aquila di centinaia di famiglie. E tra le richieste c’è anche quella di accelerare sull’istituzione della zona franca indispensabile per attirare nuovi investimenti. Una situazione grave che rischia di precipitare a giugno, quando scadrà la sospensione del pagamento delle tasse con tanto di restituzione delle somme finora non versate. Cosa sulla quale si annuncia battaglia, visto che nelle Marche e in Umbria la restituzione delle tasse è iniziata dodici anni dopo, in comode rate e nella misura del 40%.

Resiste, invece, L’Aquila «città universitaria». L’ateneo un anno fa contava oltre 23 mila studenti. Oggi ha circa 21 mila iscritti nelle varie facoltà che hanno riaperto i battenti quasi tutte in strutture temporanee. Un ateneo deciso a non mollare, anche se resta irrisolto il problema degli alloggi per gli studenti, ottomila dei quali pendolari. Un problema che il rettore ha posto anche al ministro chiedendo l’invio dei fondi promessi subito dopo il terremoto per la realizzazione della nuova casa dello studente. Un numero enorme di iscritti, impensabile mesi fa tanto più che a salvarsi sono state solo alcune sedi. Tutto il resto ha riportato danni enormi, a cominciare dalle strutture che ospitavano il polo umanistico.

Un miracolo, come la ripresa dell’anno scolastico con oltre 17.500 allievi. All’appello sono mancati solo alcuni centinaia di ragazzi, le cui famiglie hanno deciso di lasciare la città. Le lezioni sono riprese in moduli provvisori (32 quelli realizzati), poiché quasi tutti gli edifici sono stati dichiarati inagibili. E c’è poi la partita legata al recupero di chiese, monumenti e palazzi storici. I danni stimati ammontano a circa 3 milairdi e mezzo di euro. E nulla o quasi è arrivato per la famosa «lista di nozze» elaborata in occasione dle G8. Pochissimi, infatti, i monumenti adottati. Così c’è chi preme per una tassa di scopo.
«Miracoli» e delusioni a un anno dal sisma. Ma ora gli aquilani rivogliono la città.

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