Sogni e paure dei migranti ospitati nella Fraterna Tau 

Molti sono nordafricani, hanno famiglia e figli al seguito e vogliono restare in Italia Giorgi: per l’edificio di via Roma paghiamo 10mila euro al mese d’affitto

L’AQUILA. Il piazzale davanti alla Fraterna Tau di via Paolucci, a ridosso di piazza d'Armi, alle 8 del mattino è quasi sgombro, vi si muove intorno una donna che sistema, pulisce, getta buste. La Fraterna Tau, associazione da anni impegnata nel sociale, si regge sui gesti dei volontari, o meglio, della gente «di buona volontà». Ad accogliere i visitatori nella struttura, che ospita 35 persone, per lo più nuclei familiari, con 8 bambini anche molto piccoli, c'è il 32enne marocchino Hicham. Lavora nell'azienda di ristorazione Vivenda, regolarmente assunto, e nel tempo libero continua a fare volontariato per la realtà che lo ha accolto nel 2012.
Dentro alla struttura c'è un orto con qualche pomodoro verde, che non farà mai in tempo a maturare, più altre verdure che gli immigrati coltivano. Quasi nessuno lavora, e per loro curarsi del sostentamento proprio e di quello delle famiglie è fondamentale. A pochi giorni dalla nuova riunione della commissione comunale Politiche sociali, culturali e formative, che si terrà martedì su convocazione della presidente Elisabetta De Blasis, per tornare sulla questione “migranti e sicurezza in centro storico”, da un lato della discussione ci sono i migranti accolti nelle tre strutture più vicine alla città (gestite dalla Fraterna Tau), dall'altro i cittadini che chiedono più controlli, più sicurezza, più chiarezza. Come, ad esempio, sul perché il grande edificio che a via Roma ospita 95 giovani migranti, tutti uomini, sia stata riaperta con tanta facilità al confine con la zona rossa mentre, al contrario, per loro c'è ancora da attendere: «Ci dicono che non è sicuro rientrare tra i palazzi pericolanti». L'edificio di via Roma è stato predisposto per accogliere una Rsa, mai nata, prima del terremoto.
«Era stato ristrutturato dal proprietario con modalità antisismica», spiega il presidente della Fraterna Tau, Pierino Giorgi, «quindi ha subìto pochissimi danni. Dentro, tutti gli spazi sono idonei per accogliere decine di persone, ogni camerata ha il suo bagno», fa notare Giorgi, rispondendo ai cittadini che rimproverano l'indisciplina degli stranieri, «responsabili di avere trasformato le vie del centro in latrine a cielo aperto».
Per questa struttura l'associazione Fraterna Tau paga 10mila euro al mese di affitto. Sono gli stranieri che si occupano della pulizia. Come anche hanno ripulito del fogliame autunnale le strade a ridosso del Centro di accoglienza, radunandole in buste che l'Asm ancora non porta via. Oltre al Csa di piazza d'Armi e a quello di via Roma, nel centro Cisternola, vicino all'ex Onpi, sono accolte 26 donne che hanno lasciato le famiglie a migliaia di chilometri e schivato il pericolo di essere coinvolte nella tratta delle schiave della mafia libica. E mentre i consiglieri sono al lavoro in queste ore per presentare, martedì due giorni in Commissione, un documento che impegnerà l'amministrazione a estendere la rete Sprar a tutti i Cas permettendo, una volta approvato, al Comune di stabilire il numero dei migranti che potranno entrare in città, gli ospiti di piazza d'Armi aspettano la risposta della Commissione territoriale di Ancona sulla loro domanda di diritto d'asilo.
Dall'Italia non vogliono andare via, lo dice David, poco più di 30 anni, nigeriano, ospite a piazza d'Armi con la moglie Loveth, 36, e la piccola Greta, di un anno. «Se torno in Nigeria mi sparano», dice. Gli fa eco in inglese Endurance, 26 anni: «Spero di poter dare una vita migliore alla mia famiglia e lavorerò per questo». Già si arrangia, invece, con lavoretti vari il più estroverso, Parvers, 19 anni, arrivato che era ancora minorenne: «Ogni tanto riesco a mandare dei soldi in Bangladesh, per fare stare bene mamma e papà».
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