Spaccio per pagare le bollette

Le intercettazioni: la droga è nella cantina della nonna.

L’AQUILA. Cessione di droga anche per pagare la bolletta dell’Enel. E’ una delle tante realtà e fatti curiosi che emergono dalle duecento pagine di intercettazioni e atti nell’ambito dell’inchiesta della polizia contro il traffico di stupefacenti «Party 2008», coordinata dal pm Fabio Picuti che ha portato in cella otto giovani.
E non è strano: tra gli indagati ci sono disoccupati e persone con pochi soldi in tasca. Ma dalle intercettazioni telefoniche e ambientali emerge soprattutto l’ingenuità degli accusati i quali si facevano chiamare con pseudonimi e soprannomi di comodo ma le conversazioni erano abbastanza esplicite. In altri casi c’era un linguaggio in codice ma decifrabile. Tanto per fare un esempio Fabio Marinangeli si fa chiamare Peter mentre un indagato, P.L., che evidentemente ha evitato l’arresto, è diventato Poles.

E i due vengono intercettati mentre si danno un appuntamento per lo smercio dopo che l’arrestato aveva chiesto, secondo la polizia, dell’eroina. «Fammi uno squillo appena ti devo passare a prendere» dice Marinangeli all’amico. Spuntano anche degli sms che sono in codice ma identificabili. «Mi servono 6 R da 70! Mi raccomando fai il preciso. A dopo». Ma alcune frasi molto esplicite vengono pronunciate all’interno di una macchina, che occorre rettificare, non è intestata all’albanese Edison Lika, cui è contestato solo un episodio di spaccio. Si tratta di un colloquio tra Alessandro Di Giacomantonio e Fabio Mutignano. Parole che sono state registrate grazie a delle cimici sistemate dalla polizia. «A Donatello», dice Mutignani, «gli abbiamo dato 25 grammi o 35?», «Trentacinque» assicura il suo interlocutore.

«Che fumo gli posso dire che è?» chiede Fabio al complice in relazione a delle spiegazioni da dare a un acquirente. «Mò gli dico che me lo hanno riportato proprio dal Marocco» aggiunge ridendo e destando anche l’ilarità dell’altro. In sostanza i due sentendosi sicuri di non essere ascoltati, abbandonano qualsiasi precauzione e talvolta parlano anche in dialetto. «Quanta ne me stai a dà?» dice uno allo spacciatore, «Roba per dieci euro» risponde l’altro.
Non tutti pagavamo. «Però almeno Marcello», dice Giacomantonio alludendo a uno dei consumatori, «quando gliela consegno i soldi me li porta, almeno venti. Quell’altro, (riferendosi a un certo William) è allucinante. Gli debbo fare brutto....».

Dalle intercettazioni si evince anche qualche altra curiosità ed emerge che uno dei giovani arrestati era solito nascondere la droga in un posto davvero insolito. «Tengo il fumo» si legge in una intercettazione di uno degli indagati «nella cantina della nonna in centro storico». «Prima di andarci» dice parlando in dialetto con un acquirente, «ci volemo fa na’ tazza?». Le contestazioni, dunque, si basano su numerosissime telefonate tra gli indagati con un consolidato modo di operare che prevedeva specifici contatti per stabilire luogo e data della dazione e il prezzo con un linguaggio cifrato che si interpreta facilmente.

Gli arrestati, comunque, sono otto e tutti sotto i 30 anni: Fabio Marinangeli, Miriana Fioravante,, Fabio Mutignani, Federico Monaco, Luigi Rossi, Alessandro Giacomantonio, Serena Catenacci tutti aquilani, e Edison Lika, albanese ma residente anche egli nel capoluogo di regione. Gli avvocati sono Massimo Carosi,Vincenzo Cipolletta, Antonio Valentini, Gianluca Totani Francesco Valentini, Attilio Cecchini e Mauro Ceci. Oggi ci sono i primi interrogatori.