Stati: «Ci dissero di rassicurare»

L’ex assessore regionale sfila come testimone: «L’apparato di Bertolaso? Uno Stato nello Stato»

L’AQUILA. «Nessuno nella riunione fece presagire che sarebbe successo qualcosa di importante. De Bernardinis rassicurò la parte politica. Quando è arrivato Bertolaso col suo apparato siamo stati commissariati: era uno Stato nello Stato. Tutti, a riunione finita, avemmo la stessa percezione: potete rassicurare. E io stessa fui tranquillizzata».

L’ex assessore regionale Daniela Stati è un fiume in piena, in aula e fuori. Testimone al processo Grandi-rischi bis (per il quale l’unico imputato Guido Bertolaso, a detta del suo difensore, ancora non decide se rinuncerà alla prescrizione, che scatta il 6 ottobre), racconta la confusione di quelle ore, il non detto più che il detto, i verbali cambiati e firmati sulle macerie fumanti, e la famosa telefonata. Già, perché l’ennesima udienza di questo processo che ripercorre la storia dei terremoti all’Aquila dal 1461 al 1703 al 2009 – con frequenti divagazioni dottorali che certamente non aiutano né a snellire né a centrare il cuore del problema – ribadisce che la gestione di quei giorni di grande emergenza e apprensione fu un concentrato di inadempienze e sottovalutazioni da far paura ancora oggi. E per il futuro.

La Stati parla per due ore. «In che senso fui tranquillizzata? Nessuno fece presagire che sarebbe successo qualcosa di importante». Il fantasma della telefonata si aggira in aula. «Sentiremo la telefonata, se necessario», dice il giudice Giuseppe Grieco. «Chi fece riferimento alla teoria dello scarico di energia? Non ricordo. Bertolaso mi sembra disse “meglio cento scosse...piuttosto che quella che fa male”...in quei giorni erano tutti sismologi. È vero che disse: “faccio venire all’Aquila i massimi esperti e diranno che...”?. Mi pare di sì. Del comunicato che diceva “non sono previste scosse” non ne sapevo nulla. Lo seppi nella telefonata. Credo che sia partito dalla sede centrale della Protezione civile. Cialente ebbe la mia stessa sensazione...tutti abbiamo avuto la stessa percezione. Potete rassicurare».

Poi il racconto del 31 marzo 2009. «Gli esperti arrivarono tardi, entrarono di corsa e si cominciò a parlare. La sala operativa fece il comunicato che non ci sarebbero state scosse senza sentire la parte politica. Operazione mediatica? Da parte mia c’era tanta paura. Volevo avere delle risposte, ero impacciata. Fu un’operazione mediatica? No, per me non lo era, c’erano gli scienziati...». Poi l’affondo: «Il verbale fu cambiato: furono cancellate le mie domande, ne venne scritto un altro. Tran-quil-liz-za-re (sillabato, ndr), era il messaggio di De Bernardinis. Bertolaso fece pressioni? No. E poi mi chiedo: se c’era lo studio di Abruzzo engineering perché nessuno ha sgomberato i palazzi a rischio?». Infine, rivolto a Boschi, ma più in generale agli scienziati della Grandi rischi, il giudice va dritto al sodo: «Perché quel giorno non avete parlato delle costruzioni fatte male? Perché non si parlò di edifici vulnerabili e declassificazione sismica dell’Aquila? Perché non si pose la domanda ai cittadini: dove abitate?». Perché?

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