Terremoto 1915, vittime anche all’Aquila

Gravi danni ad abitazioni e chiese. Ecco i passaggi di una relazione tecnica chiesta dal sindaco con critiche ai puntellamenti

Il terremoto del 13 gennaio 1915 che distrusse Avezzano e i paesi della Marsica colpì anche la città dell’Aquila. Le vittime nel capoluogo di regione furono sei, una trentina i feriti.

Il giornale «La Tribuna» di giovedì 14 gennaio 1915, scriveva: «All’ospedale civile sono crollate tre volte: quella della sala chirurgica delle donne, quella nella sala della clinica medica e quella della sala celtica. In codesta rovina dobbiamo deplorare otto feriti, una dei quali assai grave, nella persona di una infermiera. Nel ricovero di mendicità di Collemaggio, vicino alla storica ed artistica Chiesa omonima, diverse volte sono crollate ferendo otto ricoverati, ma non gravemente.

Nella via Costa degli Ebrei, nella casa abitata dalla famiglia Seccia, è crollata una volta, facendo pur troppo vittime umane: due bambine, una, Maria, di anni dieci; l'altra Clementina, di anni otto, sono rimaste sepolte sotto le macerie.

In casa del professor Orazio D’Angelo sono crollate quattro volte, ma senza produrre fortunatamente danni alle persone. Anche la volta dell’abitazione soprastante a quella del vostro corrispondente – il quale miracolosamente s’è potuto mettere in salvo con la famiglia – è crollata.

È crollato anche il soffitto della dimora del giudice Ruggieri. Costui s’è salvato con la famiglia saltando dalla finestra, per buona sorte assai bassa. Essendo rimasti gravemente lesionati molti altri edifici, la popolazione staziona all’aperto, dove, per ordine del Sindaco, sorgeranno numerose baracche.

Tra i feriti, oltre una ventina, tra i quali due gravissimi: la signora Antonina Cicchetti, di anni 54, e la domestica Teresa Trasatti, ricoverata all’Ospedale per fratture delle gambe; Vincenzo Ghelli che ha riportato parecchie ferite; Maria Mondelli, ferita alla testa».

I danni provocati alla quasi totalità dei fabbricati furono gravissimi. Risultarono quasi tutti inabitabili. Il panico nella popolazione fu enorme tanto che la vita pubblica immediatamente si arrestò. Tutti fuggirono terrorizzati dalle abitazioni, anche a causa delle ripetute scosse, molte famiglie abbandonarono la città, vivendo alla giornata, all’aperto e senza cibo.

La sera del 13, il sindaco dell’Aquila, avvocato Vincenzo Speranza, convocò gli ingegneri e tecnici della città, istituì le Commissioni, e le incaricò di fare la verifica di stabilità di tutti i fabbricati e di stabilire per ognuno l’abitabilità o l’inabitabilità. Tutto ciò al fine di assumere provvedimenti urgenti di demolizione o di puntellamento e per poter stimare il fabbisogno dei baraccamenti, accertare l’entità dei danni e convincere la popolazione, riassicurata dal parere tecnico, a rientrare sollecitamente nelle abitazioni che non presentavano pericolo.

Alla fine di gennaio, il ministro dell’Interno Salandra, inviò all’Aquila l’Ispettore dell’Amministrazione delle Carceri e dei Riformatori, ingegner Primo Comitti, a controllare la stabilità degli edifici che ospitavano le carceri giudiziarie e la casa di reclusione. I controlli si estesero poi a tutti gli edifici di interesse pubblico, alle caserme e alle scuole.

Il 31 gennaio 1915, rimise al ministro la relazione avente per oggetto: «Condizioni generali della città dell’Aquila, e specialmente di edifici pubblici».

Relazione molto dettagliata, puntuale, che conteneva anche critiche agli interventi di messa in sicurezza: «Ora da tutto ciò che ho visto e sentito, avrei tratto la convinzione che il panico di cui è pervasa la popolazione, è un po’ esagerato in rapporto alle condizioni statiche nelle quali il terremoto del 13 corrente ha in generale lasciato i fabbricati di Aquila. Perché, se è vero che danni ed anche abbastanza rilevanti si ebbero a lamentare, e per rimediare ai quali occorreranno ad Enti e a privati notevoli spese, non mi pare che, tranne eccezioni, sia da considerarsi quasi minacciante ed inabitabile parti ragguardevoli della città, come si ritiene o si vuol far credere, e come agli occhi della popolazione stessa appare, per il pullulare delle puntellature, in tutte le strade di Aquila. È vero che dall’esame esteriore degli edifici non si può sempre giudicare della loro stabilità, sicché devesi dare a quanto vado a dire un valore soltanto relativo, ma non posso tacere che delle numerose puntellature viste, alcune hanno fatto sorgere in me il dubbio che non tutte fossero necessarie, ed altre poi la certezza che pel modo con cui venivano eseguite (non però quelle fatte dai corpi dei Pompieri) non rispondessero allo scopo cui tendevano.

Io penso che non si dovrebbe condiscendere con troppo facilità alle domande di puntellamenti che vengono fatte da proprietari soverchiamente impressionabili, e che siano tali presìdi da riservarsi ai casi pei quali opere del genere sono veramente ritenute indispensabili a garantire la statica, e cioè perché ritengo che l’effetto di consimili lavori debba sulla massa della popolazione produrre risultati diametralmente opposti a quelli cui devesi mirare (e cioè di tranquillizzarla) - ingenerando, anzi incalzando in essa la convinzione che le condizioni statiche della città siano pericolose».

*storico

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