Traversi collabora e torna libero

Tentata maxitruffa, revocati i domiciliari. Frena il filone sui vescovi

L'AQUILA. Fabrizio Traversi, indagato con Gianfranco Cavaliere, per le tentata truffa con il fondi del sociale non è più ai domiciliari. Lo ha stabilito il giudice per le indagini preliminari di intesa con le indicazioni in tal senso della procura.

Alla base della decisione il fatto che, pur restando pesanti indizi a carico di Fabrizio Traversi, si sono affievolite le esigenze di natura cautelare. Di qui la nuova misura per la quale l'indagato ha solo l'obbligo di non allontanarsi da Roma dove vive da sempre. Tra l'altro, in una ben nota intercettazione, Traversi si vanta di essere di «Trastevere». Ma, ovviamente, la ragione principale per la quale la misura degli arresti domiciliari per Traversi è stata revocata sta nella considerazione che ha iniziato a collaborare con gli investigatori. Secondo quanto si è appreso, infatti, l'indagato è stato ascoltato un paio di volte dagli inquirenti. Audizioni per le quali non è trapelato nulla ma sicuramente deve avere chiarito le idee non poco ai carabinieri del Noe che stanno portando avanti le indagini.

Va anche detto che, almeno per il momento, sembrano arenarsi le indagini che il giudice aveva imposto da fare alla procura sui vescovi. Dalle indagini fatte in precedenza, e dalle intercettazioni, almeno quelle iniziali, non sembrava certo che i vescovi potessero avere avuto parte attiva nel tentato raggiro, ma semmai sembravano essere parti offese.  Comunque l'impressione è che l'inchiesta vedrà l'iscrizione nel registro degli indagati anche di altre persone prima di arrivare alla chiusura.

Al di là della decisione del giudice per le indagini preliminari, Marco Billi che di certo va incontro alle esigenze della difesa, nei prossimi giorni ci sarà la pronuncia della corte di Cassazione sul ricorso presentato dagli avvocati di Traversi e Cavaliere, Angelo Colagrande e Attilio Cecchini i quali avevano chiesto di revocare le misure cautelari; ma a loro interessa soprattutto una pronuncia sul merito visto che sostengono la tesi del delitto impossibile. Come a dire che la tentata truffa non era possibile attuarla visto che per poterla commettere i due indagati avrebbero dovuto corrompere i sindaci. I soldi per il sociale (che avrebbe dovuto erogare il sottosegretario Carlo Giovanardi) comunque non potevano finire, per legge, nella Fondazione all'uopo creata dai due principali sospettati.  Nell'inchiesta sono coinvolti anche l'ex assessore provinciale Mimmo Srour, il sindaco di San Demetrio, Silvano Cappelli, e Nicola Ferrigni. Tutti sono stati ascoltati e hanno respinto le accuse. Sono difesi dagli avvocati Ernesto Venta e Paolo Vecchioli.

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