Tredici mesi per rivedere la Torre

Cerimonia a Santo Stefano di Sessanio con Legnini e D’Alfonso per la posa della prima pietra dell’edificio-simbolo

SANTO STEFANO DI SESSANIO. Tredici mesi, un milione e mezzo di euro, la fatica e il sudore degli operai che lavoreranno nel cantiere, ma alla fine ne sarà valsa la pena. A giugno del 2018, inverno permettendo, la Torre Medicea di Santo Stefano di Sessanio con i suoi 18 metri di altezza tornerà a svettare sulla vallata del Tirino e dell’Aterno, fino a scoprire la Maiella e la catena del Sirente. Ieri, alla presenza delle autorità, ma anche di tanti abitanti del posto, è stata posata la prima pietra nel cantiere che prende l’avvio per ricostruire la torre, simbolo del luogo, l’elemento architettonico intorno al quale il borgo si era formato e che lo ha contraddistinto per secoli. I lavori saranno eseguiti dalla ditta Fracassa di Teramo. La torre era venuta giù quasi completamente nel 2009. Il terremoto che aveva portato morte e distruzione nell’Aquilano, certo non aveva risparmiato il piccolo borgo di Santo Stefano, ma l’elemento più deteriorato era stato proprio la torre.
PIETRE SALVATE. Le pietre cadute, all’epoca, erano state recuperate e messe da parte, affinché la struttura potesse rinascere dov’era e com’era. Ieri, nonostante la pioggia e il vento che hanno spazzato via il tiepido sole che si era affacciato a inizio giornata, la cerimonia ha preso il via sulle note dei Solisti Aquilani. C’erano Gianni Letta, già sottosegretario della presidenza del Consiglio, il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, il presidente della Regione Luciano D’Alfonso, il sindaco di Santo Stefano di Sessanio Fabio Santavicca, il presidente del Parco Gran Sasso-Laga Tommaso Navarra, Giampiero Marchesi, responsabile della Struttura di missione per la ricostruzione, il sindaco di Barisciano Francesco Di Paolo, il progettista Bruno Gori. Tra il pubblico, anche Franco Marini, presidente emerito del Senato, la senatrice Stefania Pezzopane, il presidente dell’Anci Luciano Lapenna, il prefetto Giuseppe Linardi e tanti amministratori dei comuni limitrofi. Moderatrice la giornalista Ansa Abruzzo Elisabetta Guidobaldi. Era stato invitato anche il presidente Sergio Mattarella, che non ha potuto essere presente per impegni istituzionali concomitanti, che ha inviato un saluto attraverso un messaggio e per tramite di Letta.
MODELLO ABRUZZO. «La ricostruzione procede in modo spedito», ha detto Legnini, «è nella fase matura. I beni culturali come la Torre Medicea possono e devono essere recuperati. Dal loro recupero passa una parte non secondaria del futuro di questi territori e del futuro della nostra regione». Secondo Legnini, complessivamente, «la ricostruzione all’Aquila e del cratere procede in modo efficace. Possiamo ritenerci soddisfatti», ha detto, «dopo il periodo di incertezza degli anni passati, e anche di carenza di risorse che provvedemmo a superare con un ventaglio di interventi normativi e finanziari a cavallo tra il 2013 e il 2014. Oggi si vedono i cantieri che aprono, gli uffici speciali, gli enti locali, i comuni che lavorano a pieno regime. Sono sempre più convinto», ha osservato, «che la ricostruzione abruzzese potrà costituire un modello che si alimenta con una progressiva efficienza edilizia, procedimentale e finanziaria, e anche col rispetto delle regole, della legge, dei criteri di trasparenza. Anche gli interventi della magistratura, necessari, dimostrano che le malversazioni, e la violazione della legge costituiscono fatti episodici, per fortuna».
LA RINASCITA. Letta ha ricordato i giorni tremendi del sisma, l’impegno, le discussioni, le nottate passate a cercare una via d’uscita. «Un confronto vivace, che ha prodotto qualcosa di utile. Questa torre», ha detto, «è l’emblema della rinascita». A Santo Stefano, ha detto il sindaco Santavicca ringraziando gli amministratori che lo hanno preceduto, la ricostruzione è partita nel 2014. «Sono circa tre anni», ha sottolineato, «e siamo già riusciti ad arrivare al 30%. Abbiamo finanziato 11 milioni e circa 22 li abbiamo impegnati per i prossimi cantieri». Per il presidente D’Alfonso, «l’imprecisione di prima per l’assenza di esperienza, ha fatto sì che somigliasse a una fatica di Sisifo recuperare opere di questa fatta». D’Alfonso ha elogiato «l’opera fatta per far sì che le pietre non venissero disperse. Se l’Abruzzo non rilancia questo genere di valore, come fa a essere desiderabile, come meta di collocazione turistica? Dobbiamo essere all’altezza di questa sfida». Secondo Di Paolo, «la sfida è superare i campanilismi. Paradossalmente i fondi ci sono, ma non riusciamo a spenderli».
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