Trenta milioni alla ricerca Infn

Fondi ricostruzione e Fas per la scuola sperimentale di dottorato internazionale che parte tra un anno

L’AQUILA. «Avete messo la ciliegina ma la torta non c’è. Ci sono i geni, ma anche i normali ingegneri che mandano avanti le industrie». A rompere la liturgia, davanti a due ministri, dell’annuncio solenne che dal settembre 2013 (tra un anno) inizierà l’attività didattica e di ricerca della Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science institute, ci pensa il pro-rettore dell’Università, Angelo Luongo. Il climatologo Guido Visconti ha appena finito di sottolineare «il lavoro davvero poco originale del comitato ordinatore», dove pure siede un esponente del suo stesso ateneo, «l’occasione persa di inserire un dottorato in meteorologia che manca in Italia» e infine «il no ai discorsi teorici e ai gruppi di pressione ben precisi che tendono ad autoriprodursi accorpando tutto il resto». Diciamo, allora, che se voleva essere un varo la bottiglia non si è rotta. È rimbalzata dal tavolo dei relatori (i ministri Fabrizio Barca e Francesco Profumo, il presidente della Regione Gianni Chiodi, il designato direttore del Gssi Eugenio Coccia e i padroni di casa Lucia Votano, direttore dei laboratori del Gran Sasso e Fernando Ferroni, presidente dell’Istituto di fisica nucleare) fino alla scrivania del convitato di pietra, il rettore Ferdinando di Orio, assente per la polemica dell’Università esclusa. E quando Chiodi dice che «c’è università e università» in platea è tutto un dar di gomito. La strada della struttura che vuole assomigliare al Sant’Anna di Pisa, alla Sissa di Trieste e all’Imt di Lucca, che formano i dottorandi migliori, pare essere davvero in salita. Se anche le imprese (parla alla fine Sergio Galbiati di Micron) chiedono di starci dentro, della serie vale più la pratica che la grammatica, a quel punto Ferroni è costretto a riprendersi il microfono per dire che «non lo gestiremo come l’Infn. Metteremo nel consiglio di centro anche le imprese e chi ci potrà aiutare». Pezza a colore sullo strappo del capo dell’ateneo.

DI ORIO. Il ministro Profumo, il giorno prima, prova a rabbonire di Orio per iscritto. «Si tratta di un malinteso. Sono convinto dell’importanza della sinergia tra Gssi e Università. Il tuo ateneo è coinvolto con autorevoli colleghi. L’intento non è quello di dividersi con l’Università gli studenti di dottorato bensì quello di attrarne di nuovi che ora s’indirizzano all’estero». La replica di di Orio è gelida. Parla di «risorse sottratte al sistema regionale e ai cittadini vittime del sisma», «ricadute sul territorio molto ipotetiche» e di «concorrenza sleale che mette a rischio la sopravvivenza dell’ateneo».

CHE SARÀ. Con 30 milioni di stanziamento messi a disposizione dalla Regione con fondi Fas e dalla struttura commissariale con fondi per la ricostruzione post-terremoto, la Scuola sperimentale che si candida a far diventare L’Aquila «capitale degli studi universitari e della ricerca» avrà tre anni per farsi apprezzare (e accreditare) dall’Anvur (Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca). Solo dopo aver dimostrato la validità del progetto e reperita idonea copertura finanziaria, la scuola assumerebbe carattere di stabilità. La formazione post-lauream avverrà con corsi di dottorato triennale per studenti selezionati già laureati; corsi integrativi per universitari aquilani e sviluppo di progetti di ricerca. Ci sarà un leader scientifico attorno al quale nasceranno gruppi di ricerca. I contratti saranno a tempo. Lingua ufficiale sarà l’inglese. Ultima raccomandazione del ministro Profumo: «Non replichiamo vecchi modelli, pensiamo nell’ottica della complessità, dove convivono tutte insieme competenze diverse, oltre le ripartizioni settoriali tradizionali. Una filiera nuova».

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