Tributi arretrati, stangata avviata sotto le feste 

Il caso di un’anziana dalla quale il Comune vuole 300 euro di Imu del 2010 Il figlio: «Pagamento prescritto, l’interpretazione dei funzionari è arbitraria»

L’AQUILA. Sono numerosi gli aquilani che durante le feste hanno trovato un regalo piuttosto “salato” nella cassetta della posta. Il Comune, infatti, nei giorni scorsi ha fatto recapitare diverse bollette insolute: tributi arretrati di cui si chiede conto dopo anni, quando è ormai difficile ricostruire le vicende. È il caso di un’anziana che ha ricevuto qualche giorno dopo l’Epifania un accertamento Ici (l’imposta comunale sugli immobili sostituita nel 2012 dall’Imposta municipale unica, Imu) risalente al 2010, in cui si chiede la somma di 300 euro. «Siamo certi che, all’epoca, mio padre, che purtroppo ormai non c’è più, ha versato la cifra dovuta», tiene a precisare il figlio dell’anziana. «Certo, ormai non abbiamo più le ricevute per dimostrarlo, cestinate anche in considerazione del fatto che questo tipo di tributi dopo cinque anni vanno in prescrizione».
Gli enti locali, infatti, secondo la normativa, «possono rettificare e accertare d’ufficio le dichiarazioni incomplete o infedeli, i pagamenti parziali o ritardati, le omesse dichiarazioni e gli omessi versamenti entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento dell’imposta sono stati effettuati o avrebbero dovuto esserlo». A stabilirlo, più precisamente, il comma 161 dell’articolo 1 della Finanziaria 2007. Un diritto che, invece, sarebbe stato negato alla donna.
«A mia richiesta di spiegazioni, eccependo la prescrizione quinquennale, un funzionario del Comune ha risposto che siccome si tratta di un’imposta sospesa causa sisma andava restituita nel 2012», continua il cittadino. «Quando ho fatto notare che, anche fosse corretta questa interpretazione, dal 2012 sono trascorsi ben più dei 5 anni necessari per la prescrizione, ha avuto il coraggio di dire che, poiché la cifra poteva essere restituita in 100 rate, il tributo si prescriverebbe addirittura nel 2026». Una spiegazione che non ha convinto il figlio dell’anziana che si è recato da un commercialista. «Anche lui mi ha confermato che l’interpretazione del funzionario è assolutamente arbitraria», spiega. «A questo punto ci si chiede se il Comune sia al fianco e amico dei cittadini oppure voglia solo vessarli con richieste assurde, interpretando l’istituto della prescrizione come gli fa comodo e non con imparzialità come sarebbe lecito. Oppure il Comune confida nel fatto che, dopo tutti questi anni, un cittadino possa aver cestinato le ricevute e in ogni caso sia scoraggiato a far ricorso alla Commissione Tributaria per 300 euro, essendo il costo per il ricorso di circa 200 euro?». Domande che aspettano risposte, «nella certezza», conclude il contribuente, «che il Comune vorrà trovare una soluzione plausibile all’assurda situazione».