Un libro del giudice Billi sul caso Grandi rischi

Il magistrato condannò i componenti dell’ex commissione poi assolti «Ma adesso non intendo tornare sulle motivazioni della sentenza»

L’AQUILA. Il giudice Marco Billi, colui che condannò in primo grado tutti e sette gli ex componenti della Commissione Grandi rischi, poi assolti in appello e Cassazione, ad eccezione di Bernardo De Bernardinis, torna sull’argomento con un libro che verrà presentato l’8 aprile alle 15,30, nella sala conferenza dell’Ance al Torrione. Il libro ha come titolo “La causalità psichica nei reati colposi -Il caso del processo alla commissione Grandi rischi”. Al dibattito interverranno, tra gli altri, avvocati e giornalisti quali Fabio Alessandroni, Stefano Maria Cianciotta, Filippo Dinacci. Invitato anche il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini.

Billi lavora al tribunale di Sulmona, ma ogni tanto presiede collegi o esercita il ruolo di giudice unico anche all’Aquila quando i suoi colleghi sono incompatibili.

«Fin dal mio ingresso in magistratura», scrive nella prefazione, «ho sempre pensato che non fosse opportuno che i giudici parlassero pubblicamente delle vicende delle quali, per motivi professionali, erano chiamati a occuparsi, che non rilasciassero interviste a margine dei processi trattati o che commentassero le decisioni assunte dai colleghi nei diversi gradi di giudizio. Il giudice parla soltanto attraverso le motivazioni delle sentenze. Mentre svolgevo presso il tribunale dell’Aquila funzioni gip-gup, sono stato chiamato a celebrare come giudice del dibattimento il processo alla Commissione Grandi rischi. Il processo ha avuto un risalto mondiale, è stato seguito dagli organi di informazione di diversi Paesi e ha richiamato l’attenzione non soltanto degli addetti ai lavori o dell’opinione pubblica, ma anche della comunità scientifica. La lettura del dispositivo della sentenza di primo grado come anche di appello è stata seguita da ampie critiche, vignette satiriche, manifestazioni di piazza ed espressioni di forte dissenso, formulate prima di conoscere le motivazioni delle singole sentenze. L’intento di questo libro non è quello di tornare sulla motivazione della sentenza di primo grado e di fornire argomentazioni postume o spiegazioni aggiuntive in risposta alla sentenza della Corte di appello che l’ha parzialmente riformata o a quella della Corte di Cassazione che ha confermato la sentenza di secondo grado; come pure non è quello di controbattere alle aspre manifestazioni di dissenso o di cavalcare quelle di consenso pur ricevute».

«Il processo», aggiunge, «ha tuttavia posto per la prima volta in Italia all’attenzione della giurisprudenza il tema della configurabilità di un nesso causale di tipo psicologico (la cosiddetta causalità psichica) nell’ambito dei reati colposi».

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