Un libro per ricordare la tragedia aerea del 1963

Presentato un volume dello storico Viola sul disastro dove morirono 8 persone Il Dc-3 (decollato da Pescara) si schiantò contro il monte Serra Alta a Balsorano

BALSORANO. La Valle Roveto non ha dimenticato. La sera di sabato 30 marzo 1963, un Dc-3 dell’Itavia, partito da Pescara e diretto a Roma-Ciampino, si schiantò contro il monte Serra Alta, nel comune di Balsorano. Tra i passeggeri non vi fu alcun sopravvissuto.

È passato mezzo secolo, ma il ricordo di quel disastro aereo è ancora vivo tra gli abitanti della Valle. Come dimostra la massiccia presenza di pubblico alla presentazione, nel municipio di Balsorano, di un libro sulla tragedia da parte dello storico ciociaro, Vincenzo Viola.

L’aereo, con a bordo otto persone, era decollato dallo scalo di Pescara alle 17,36. Le condizioni meteo erano pessime. Per aggirare il forte temporale, che imperversava sull’Appennino abruzzese, subito dopo la partenza il comandante Ernesto Roggero, su consiglio del pilota di un altro aereo dell’Itavia diretto a Foggia, decise di seguire una rotta più a Sud. Una decisione che gli è risultata fatale.

Secondo la Commissione d’inchiesta, la principale causa del disastro fu l’erronea valutazione da parte del pilota della propria posizione. Mentre sorvolava la zona di Sora, vedendo delle luci, le scambiò per quelle di Roma. Chiese allora al Centro di controllo della Capitale l’autorizzazione ad abbassarsi di quota, al fine di mantenere la visione del terreno sorvolato. «Ricevere assistenza dal radar di Ciampino», rileva la Commissione, «era impossibile. E non solo per il maltempo. Anche in condizioni meteo favorevoli, tale radar mai avrebbe potuto seguire l’aereo, data la configurazione orografica che faceva da schermo». Così, alle 18,36, a un’ora esatta dal decollo, l’aereo si schiantò contro la montagna, dal lato che si affaccia sulla Valle Roveto. La fuoriuscita di carburante dopo l’impatto provocò un incendio e le fiamme che si levarono furono notate da alcuni abitanti di Sora. Le ricerche dell’aereo precipitato, alle quali parteciparono Cai, carabinieri, polizia, Finanza e volontari furono ostacolate dalla neve, caduta in abbondanza, e dalla nebbia. Solo due giorni dopo, lunedì primo aprile, un giovane volontario di Sora, Vittorio Ferrari, avvistò i rottami del Boeing.

«Partii da Sora», ricorda Ferrari, che oggi ha 76 anni, «verso le 8, insieme a un amico, che tornò subito indietro. Proseguii da solo. Per strada mi raggiunsero due ragazzi. Dell’aereo nessuna traccia. Verso le 15,30, stavamo per tornare indietro, quando girandomi, notai tra gli alberi, la coda del velivolo. Ci avvicinammo. La coda era staccata, l’ala sinistra spezzata e la fusoliera bruciata e poggiata su un tronco d’albero, anch’esso bruciato. A ridosso della coda c’erano due corpi, uno indossava una giacca militare, l’altro una divisa dell’aeronautica. A circa 10 metri dai resti dell’aereo, attaccato a un ramo, c’era un impermeabile di colore blu scuro con i gradi sulle spalle. Sicuramente apparteneva al pilota. Lo presi e feci cenno ai due ragazzi di andar via, prima che si facesse buio. Per strada ci imbattemmo in una pattuglia di finanzieri, ai quali indicai il punto esatto dove si trovava l’aereo. Volevano che gli consegnassi l’impermeabile, ma preferii portarlo dai carabinieri di Sora».

Nel disastro persero la vita i tre membri dell’equipaggio: il comandante Ernesto Roggero (46 anni), medaglia d’oro al valore militare e istruttore dell’Itavia; il secondo pilota Erminio Bonfanti (25 anni) e l’assistente di volo Luigi Palitta (21), nonché i cinque passeggeri: Guido Mancini ((36), vicepresidente dell’Itavia; Marvin Walter Gelber (36), un ingegnere americano di origine tedesca, amministratore della “Camiceria Adriatica” di Chieti Scalo; Nicolò Marcello (23), nobile veneziano, allievo ufficiale della Scuola di Ascoli Piceno; Marco Di Michele (50), cancelliere del tribunale di Pescara; Leonbruno Angeloni (26), sottufficiale dell’Aeronautica militare.

Quattro delle vittime furono trovate fuori dall’aereo, in perfetto stato, sepolte dalla neve. Le altre quattro nella carlinga, semicarbonizzate. Con rudimentali barelle, le salme, dopo il recupero, furono trasportate a valle, dapprima a spalla e successivamente con i muli. Il 3 aprile, a Sora, in un clima di grande commozione, furono celebrate le esequie. Nel 2013, il Comune di Balsorano, in collaborazione con l’associazione Serra Alta, utilizzando il motore del Dc-3 precipitato, ha eretto un monumento in memoria delle vittime di quella sciagura.

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