Unioni civili, partenza lenta In città niente nozze gay

Legge Cirinnà, una coppia formata da due ragazze (di cui una straniera) ha poi desistito per una serie di ostacoli legati alla legislazione internazionale

L’AQUILA. All’ufficio anagrafe è tutto pronto, ma all’Aquila le unioni civili stentano a decollare. Finora nessuna cerimonia in città, così come a Campobasso. A due mesi dall’entrata in vigore dei decreti attuativi, una sola richiesta è stata presentata in ossequio ai dettami della legge Cirinnà. Una domanda, peraltro, che si è persa per strada, a causa di ostacoli burocratici legati alla nazionalità di una delle due richiedenti. A creare problemi, dunque, la mancata “armonizzazione” tra la legge italiana e quella dell’altro Stato. Una procedura complessa, con tanto di invio dei documenti all’ambasciata straniera, in attesa di chiarimenti che non sono arrivati. Le due ragazze, alla fine, hanno deciso di soprassedere.

A dispetto della mancanza di prenotazioni, spiega Leonardo Dongiovanni, segretario della sede locale dell’Arcigay, all’Aquila qualche coppia che potrebbe essere interessata a contrarre un’unione civile c’è. «Solo da noi, in associazione», spiega, «sono almeno un paio». Non ha avuto migliore fortuna neanche il registro delle unioni civili, istituito nel 2012 dal Comune. «Un po’ di richieste ci sono state», aggiunge Dongiovanni, «ma la cosa è finita lì, in attesa della legge nazionale». Da un punto di vista burocratico, il Comune, nonostante «il personale ridotto all’osso», come sottolinea la dirigente Paola Giuliani, ha predisposto tutti gli adempimenti necessari, e ha anche stabilito di celebrare le unioni negli stessi luoghi dove vengono celebrati i matrimoni civili, e cioè a Palazzo Fibbioni, al Palazzetto dei Nobili e all’Auditorium del Parco del Castello. Quello che manca, al momento, sono le richieste. «Bisogna considerare», sottolinea Dongiovanni, «che di questi tempi, in generale, non si sposa più nessuno».

Un fenomeno questo, che evidentemente accomuna sia le coppie etero sia quelle omosessuali. «Non dobbiamo dimenticare», aggiunge il segretario dell’Arcigay, che si tratta pur sempre di una procedura che produce effetti civilistici al pari del matrimonio tradizionale, anche se i tempi per un eventuale divorzio sono stabiliti in tre mesi. All’Arcigay, naturalmente, restiamo a disposizione di chiunque volesse officiare il rito, qualora qualcuno volesse procedere con la richiesta per contrarre l’unione civile. Speriamo che presto le coppie omosessuali in città trovino il coraggio di rompere l’ennesimo muro di omertà, che a questo punto non ha più alcun senso».

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