Ventimila Sos per L'Aquila

Tasse, lavoro, ricostruzione: mega-corteo e A24 bloccata

L'AQUILA. «A Roma, a Roma!». Il sindaco senza fascia varca il casello dell'A24, ma prende per Teramo. «Noooo, a Roma, a Roma». Il grido è sempre più forte. «Tremonti, facemo i conti». E ancora: «Stiamo arrivando». I più giovani forzano il blocco della polizia. A quel punto Cialente scavalca i guard-rail ed è dietro a loro. Li raggiunge. È lì che il sindaco senza fascia si riprende la sua gente, che ora applaude.

VENTIMILA. Sos, sta scritto sulla collina di Roio. Sospensione delle tasse, occupazione, sostegno all'economia. Sostegno, appunto. La parola chiave del rugby ci sta bene, oggi che negli 8 e passa chilometri dalla villa fino all'ex Italtel non trovi una bandiera che non sia nera e verde. I colori della città. Un Sos per L'Aquila, al quale aderiscono in ventimila (10mila per la questura). Aquilani di destra e di sinistra. Non era mai successo, dopo un terremoto che prima ha scosso e poi spaccato in due la città. Pro e contro Berlusconi. Pro e contro Bertolaso. Pro e contro Cialente. Pro e contro Chiodi. Le critiche non se le risparmia nessuno, né questi né gli altri. Ma, alla fine, quell'applauso sull'autostrada bloccata e piena piena di aquilani come un Fattori dei vecchi tempi è da brividi. «Abbiamo dimostrato che, uniti, possiamo vincere qualsiasi battaglia», grida il sindaco prima che la commozione vinca lui. Questa stessa gente che pure non gli risparmia critiche («Mezzo sindaco più mezzo commissario uguale zero ricostruzione» e subito dopo: «Dimettiti da vicecommissario») prima lo ascolta in silenzio e poi batte le mani, in questo comizio sull'asfalto bollente che scrive un altro pezzo di storia della città. Già, la storia. Perché dopo la protesta sotto a Montecitorio, dopo la fiaccolata della memoria un anno dopo il sisma, dopo le carriole, nel libro dell'anno primo della città da rifare si scrive un'altra pagina importante. Una pagina di orgoglio aquilano. È il nuovo '71 del capoluogo ferito. Ma qui a volare non sono i sassi. Solo slogan al ritmo di fischietti, campanacci e imitazioni di vuvuzelas. «Diritti e non favori».

L'AUTOSTRADA. «No, il gonfalone no». Il vigile lo porterebbe pure, mica no, ma forse non è il caso. I vessilli restano fuori. E quando il corteo segue i cartelli verdi gli amministratori vanno tutti appresso a Cialente. Non si accoda Antonio Del Corvo (Pdl) che fa la marcia come tutti gli altri ma no, l'A24 la lascia a Stefania Pezzopane, vestita di neroverde, che riconquista così la scena. Due ore di blocco, dalle 19 alle 21. «Così a Roma ci sentiranno». La polizia prima prova a bloccare poi non reagisce al blocco forzato. I sindaci marciano sotto braccio fino a riempire tutta la carreggiata. «Vai Massimo», e se accanto a lui vedi pure Pierluigi Biondi (Pdl), e più indietro Luca Ricciuti eppoi Enzo Lombardi vuol dire che gli steccati, qui, oggi, non esistono più. Un giretto a passo lento con l’obiettivo Autogrill che però non viene raggiunto. Ma che fa? L’importante è starci dentro. «Blocchiamo, blocchiamo». «E se non basta andremo a Roma». Almeno la direzione è quella giusta. Prima Roma, poi Teramo, la città di Chiodi. Che non si fa vedere, ma c’è il gonfalone rosso dell’ente. Non si fa vedere ma manda a dire che «Giovedì (oggi) alle 12 farò il punto sul problema tasse e fondi della ricostruzione ». Lui e Letta, a leggere uno striscione, sono «Ruffiani di Stato contro i terremotati ». Sfila anche Giampaolo Giuliani, l’uomo del radon.

IN TV. «La città è imbestialita, umiliata», dice e ridice il sindaco davanti alle tv e alle telecamere, sperando che i tg nazionali almeno rilancino questa rivolta senz’armi. Ma, a sera, i Tg Rai escluderanno la notizia dai titoli principali. Il Tg5 leggerà un brevissimo lancio di agenzia senza immagini. Viaggia contromano La7, che invece ci apre il telegiornale.

«NON CI FERMIAMO». L’ennesima promessa da zona Cesarini di un governo che tiene sulla corda, da quattordici mesi, una città devastata, non sgonfia affatto le ruote delle carriole (una, simbolo delle macerie da rimuovere, troneggia su una Punto grigia) e neppure sfianca la voglia degli aquilani di esserci. Comunque. In piazza anche i passeggini. C’è quello di Chiara Frapiccini che viaggia vuoto. La più giovane manifestante (4 mesi e 7 giorni) preferisce le braccia del papà Stefano. Viaggia sul furgone bianco con le casse a palla, invece, nonna Licia Panella, la pasionaria delle carriole che a 82 anni sta a suo agio in mezzo a tanti giovani. Molti gli anziani, sì, ma pure i giovani, i precari della scuola e della Regione. Aquilani del mondo del volontariato, del sindacato, delle categorie produttive. Negozianti che non hanno riaperto e altri che, invece, oggi hanno chiuso «perché è giusto stare qui». Aquilani col campanaccio come Guido Grecchi che fa l’insegnante e ricorda che «i tagli alla scuola pubblica stanno punendo tantissimi insegnanti rientrati subito all’Aquila per far ripartire le scuole e che, ora, rischiano di prendere 2000 euro lordi, 700 di tagli e 1300 di stipendio. Così la gente scappa».

DOMA’. Se c’è un inno del terremoto, allora questo è il «Doma’» degli aquilani, che se lo cantano a squarciagola in viale della Croce Rossa, quando il corteo registra significative defezioni verso il refrigerio dei locali della movida decentrata. Volano bottigliette d’acqua che non feriscono. Anzi. Qui, però, qualcuno è solidale col corteo chiudendo i battenti, per un giorno. Hanno chiuso anche parecchi edicolanti, che sfilano dicendo «Tra un po’ andremo pe’ cicoria». «Tasse per i cittadini, affari per le cricche », dice un altro striscione. Confusi tra la gente parlamentari come Giovanni Lolli (Pd), Pierluigi Mantini (Udc) e Alfonso Mascitelli (Italia dei Valori). Ma anche gente di sport come il rugbista Maurizio Zaffiri e il vicepresidente del settore tecnico Figc Antonio Papponetti. E il manager Asl Giancarlo Silveri che assicura: «I soldi per l’ospedale sono in cassa».

IL MITRA COI FIORI. «Noi non spariamo a nessuno, voi non sparate le c....te», dice uno striscione rivolto al governo. C’è un’arma, nel corteo. È un piccolo mitra di plastica puntato verso il tramonto. Nella canna solo fiori. «Una mattina/mi son svegliato/ o bella ciao, bella ciao...».
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