tagliacozzo, intervista all’assessore prosciolto 

Venturini: finito un incubo che mi ha cambiato la vita

TAGLIACOZZO. È la fine di un incubo durato quasi tre anni per l’ex assessore comunale Gabriele Venturini, arrestato il 31 marzo 2016 con le accuse di turbativa in concorso. Vicenda che portò in...

TAGLIACOZZO. È la fine di un incubo durato quasi tre anni per l’ex assessore comunale Gabriele Venturini, arrestato il 31 marzo 2016 con le accuse di turbativa in concorso. Vicenda che portò in carcere il sindaco di allora, Maurizio Di Marco Testa. Per Venturini, prima 15 giorni di domiciliari, poi le dimissioni, l’abbandono della politica e infine l’attesa che ha portato a un proscioglimento pieno.
Come si sente il giorno dopo la sentenza?
«È finito un incubo, che comunque ha lasciato degli strascichi nella mia vita e che difficilmente riuscirò a cancellare».
Che cosa ha provato alla parola prosciolto?
«Confusione. Ho fatto fatica a realizzare subito quello che stava accadendo».
Che cosa le ha dato questa vicenda e che cosa le ha tolto?
«Mi ha dato maggiore consapevolezza e una sensibilità diversa che mi aiuterà a giudicare le persone in modo meno superficiale. Mi ha tolto invece la serenità di poter scegliere liberamente. Alcune decisioni importanti, sia in ambito politico che professionale, sono state condizionate da tutta questa situazione. Inoltre, non lo nascondo, tutto questo mi ha reso ancora più introverso e chiuso in me stesso».
Qual è il ricordo del periodo di detenzione domiciliare?
«Un ricordo vivido, in particolar modo ricordo i carabinieri che suonavano alle 3, alle 4, alle 5 del mattino, tanto che per molto tempo ho continuato a svegliarmi nel cuore della notte sentendo citofoni che suonavano. Un’esperienza devastante che non auguro a nessuno».
Ha del rancore oggi? E se sì nei confronti di chi?
«Sicuramente verso la classe politica italiana e alcuni media che nel tempo hanno utilizzato una dialettica violenta fino a far passare l’indagato come colpevole. Il vero incubo è proprio questo: non poter affrontare l’iter giudiziario con la serenità che dovrebbe esserci se sai di essere innocente. Il problema non sono inchieste e controlli che fanno le procure su amministratori o politici, ma il fatto che le indagini stessa sono una condanna definitiva. Al contrario, vorrei ringraziare la mia famiglia, gli amici e le persone che non mi hanno fatto mancare vicinanza e fiducia. Oltre agli avvocati Franco Colucci e Alessandro Fanelli per il lavoro svolto con professionalità e umanità».
Si è mai sentito condannato dall’opinione pubblica?
«Molte volte mi sono sentito condannato. Ad esempio, un giorno mia moglie, mentre andava in palestra con i bambini, notò un tizio alle sue spalle che la etichettò, senza troppi giri di parole dicendo: ecco la moglie di Provenzano».
Come ha influito questa vicenda nella sua attività politica?
«Ho sempre detto che, in presenza di un’indagine su di me, non mi sarei candidato fino a quando non avessi chiarito la mia posizione. Purtroppo un’indagine è arrivata e per coerenza non mi sono presentato agli elettori. Decisione presa nonostante fossi uno dei candidati alla carica di sindaco anche con un buon seguito elettorale».
La sua vicenda insegna che si può avere fiducia nella giustizia?
«Certo. Anche in questo caso, però, quello che non funziona è da attribuire alla politica che in questi anni non è riuscita a riformare il processo penale in modo da permettere pene certe ma in tempi assolutamente più ragionevoli».
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