Zamberletti: "All'Aquila niente più commissarioricostruzione post terremoto agli enti locali"

Il fondatore della protezione civile: "Il commissario funziona durante l’emergenza poi spetta soprattutto ai Comuni decidere sulla propria rinascita"

PESCARA. «In Friuli e in Campania, la ricostruzione è stata regolata da leggi ad hoc. In Abruzzo si sta seguendo una strada diversa, che definirei anomala rispetto alle esperienze avute nelle catastrofi della storia recente. Non saprei dire, in realtà, quanto stia funzionando questo modo di operare in termini di efficacia». Il fondatore della Protezione civile italiana, Giuseppe Zamberletti, risponde così sulla situazione del post terremoto all'Aquila e nei paesi del cratere sismico.

Le cose non vanno bene visti i ritardi, i litigi tra commissario alla Ricostruzione e Comuni, in particolare con il sindaco dell'Aquila. Perché ritiene quella abruzzese un'anomalia?
«Anche per l'Abruzzo, a mio modo di vedere, sarebbe necessaria una legge. Per il Friuli, che ha uno statuto speciale, fu approvata una legge quadro poi ripresa dalla normativa regionale. Per la Campania, si adottò una legge nazionale. In tutti e due i casi, la legge prevedeva articoli finalizzati allo sviluppo. In Campania, si disse che non aveva senso ricostruire nelle aree depresse, soprattutto quelle dell'Irpinia, senza incentivare la crescita economica. Si voleva evitare che la ricostruzione producesse "presepi" da cui la gente scappava. Non mancarono anche lì tensioni, forti polemiche. Alcuni considerarono un errore l'avvio di un processo d'industrializzazione forzata, con imprese che non avrebbero retto il mercato».

Sarebbe utile lo stesso modello per l'Abruzzo?
«Non saprei dire, non conosco a fondo l'Abruzzo per dare un giudizio. Probabilmente, in questo caso, non c'è bisogno di ripensare lo sviluppo economico. Anche perché un intervento del genere sarebbe oggi impensabile con i chiari di luna della finanza pubblica. Dico però che a distanza di anni quel meccanismo ha funzionato, offerto opportunità di lavoro disincentivando lo spopolamento».

Vede altre anomalie nel post terremoto abruzzese?
«Sì, per la prima volta è stata prevista la figura del commissario alla Ricostruzione, ma il sistema commissariale funziona bene solo durante l'emergenza. Nelle fasi successive, considero fondamentale affidare ai Comuni la regìa della ricostruzione, magari fornendo strumenti e supporti speciali, poi serve un ruolo di coordinamento della Regione. In ogni caso, resto convinto che il Comune debba essere protagonista».

Come spiega questa novità tutta abruzzese?
«Spesso si crede che gli organi monocratici siano più forti e decisionisti, ma se non c'è il consenso degli enti locali non funzionano mai. Poi penso che le istituzioni locali vadano sempre messe alla prova. Il Comune non può diventare il sindacalista della sua popolazione, ha invece il compito di governare assumendosene la responsabilità. Oggi è molto diffusa questa idea del commissario, la tendenza ad attribuire poteri eccezionali. Come se occorressero super poteri per risolvere subito i problemi».

Può essere una spiegazione il fatto che L'Aquila è una Città d'arte? Può avere inciso la grande dimensione di un capoluogo devastato dal sisma?
«Se L'Aquila è diventata Città d'arte lo si deve agli aquilani. E una comunità che, nel corso del tempo, ha avuto la grande capacità di realizzare beni di valore ha indubbiamente la possibilità di governare la propria rinascita. Certo c'è sempre bisogno di aiuto, di supporti tecnici, per poter operare al meglio. Allo stesso modo, non credo che le dimensioni della città possano costituire un problema. Semmai c'è bisogno di maggiori risorse finanziarie, ma non per questo si può privare una città della propria democrazia interna».

Può essere un problema il fatto che il commissario alla Ricostruzione, Gianni Chiodi, è anche presidente della Regione, di parte politica avversa a quella del sindaco dell'Aquila?
«No, questo è un falso problema. Quasi sempre sono proprio i presidenti delle Regioni a svolgere quel ruolo. È la figura del commissario alla Ricostruzione che va rivista. A parte l'emergenza, quando è bene ricorrere a personalità esterne per gestire al meglio cose che sono difficilmente risolvibili con le risorse ordinarie, nelle fasi successive, vale sempre la regola che persone del luogo sono le più adatte a governare il territorio. Nella ricostruzione i tempi devono essere celeri, ma non risentono mai dell'affanno dell'emergenza, quando ogni minuto è importante».

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