il libro

Zazzara racconta la storia dei Marsi

PESCINA. Alla ricerca delle radici. È quanto si propone Franco Zazzara, medico e presidente dell'associazione culturale “Fides et ratio”, nel volume “I Marsi”, pubblicato di recente. L'opera è il...

PESCINA. Alla ricerca delle radici. È quanto si propone Franco Zazzara, medico e presidente dell'associazione culturale “Fides et ratio”, nel volume “I Marsi”, pubblicato di recente. L'opera è il frutto di un'accurata ricerca storica e filologica.

Zazzara, e in ciò sta il pregio del libro, coglie nell'operato delle figure più rappresentative della storia dei Marsi un elemento comune: la lotta contro l'arroganza del potere.

Umbrone, il mitico “incantator di serpenti”, citato da Virgilio nell'Eneide, accorre in soccorso di Turno, contro il sorpruso degli scampati alla guerra di Troia, guidati da Enea, da cui viene ucciso. Quinto Poppedio Silone muore mentre combatte per i diritti civili dei popoli italici. Questi, costituita una federazione (Lega sociale), fissano la capitale a Corfinio e dichiarano guerra a Roma, affidando il comando dell'esercito a Poppedio Silone e al sannita Papio Mutilo.

Battono anche moneta, con la scritta “Italia”. La guerra dura tre anni, dal 91 all'88 avanti Cristo. I Romani hanno la meglio.

Ma il sacrificio di Silone e di tanti altri non è stato vano. Roma si decide, finalmente, a concedere, con la Lex Iulia, la cittadinanza agli italici. Del condottiero marso, che sognava un'Italia libera, ha preso il nome, dopo 2mila anni, un altro marsicano, Secondino Tranquilli (Ignazio Silone), che della lotta contro il potere e per il riscatto degli oppressi ha fatto la ragione del sua esistenza.

E poi San Berardo. Nato a Colli di Montebove, vicino a Carsoli, nel 1079, fu una figura centrale nella storia dei Marsi. Vescovo dal 1110 al 1130, anno della sua morte, Berardo combatte contro la corruzione del clero (siamo negli anni della lotta per le investiture) e la prepotenza dei feudatari. Ponendosi così contro il suo stesso casato, quello dei Conti dei Marsi.

A causa della sua intransigenza morale, nel 1109, Pietro Colonna, lo fa imprigionare per due mesi in una cisterna, ma senza ottenere alcun cedimento.

Non a caso, Silone, al protagonista di Fontamara - il romanzo in cui i contadini del Fucino, presa coscienza della loro condizione di sfruttati, lottano contro il principe Torlonia, per l'affermazione dei propri diritti - dà il nome di Berardo. E non a caso, lo stesso Silone ha voluto essere sepolto ai piedi del campanile di San Berardo, a Pescina. Zazzara si sofferma anche su un'altra figura di spicco della storia dei Marsi, San Bonifacio IV: il primo papa d'Abruzzo.

Nato da una famiglia benestante nella città Valeria, oggi San Benedetto dei Marsi, riceve la sua prima formazione presso i monaci benedettini di Montecassino.

Eletto Papa, ottiene dall'imperatore d'Oriente il permesso di santificare il Pantheon, tempio pagano dedicato a tutti gli dei, salvandolo così da sicura rovina.

Nel 610 indice il primo concilio di Roma, in cui viene stabilito che la regola benedettina “ora et labora” sia adottata da tutti i monasteri dell'Europa.

Non meno interessante risulta la ricerca filologica di Zazzara.

Molte parole, ancora oggi in uso nella Marsica, contengono il suffisso “one”, che, in lingua sumerica, significa “signore”. Così Umbrone vuol dire “signore dell'ombra”, cioè dell'anima; Silone, “il signore che protegge”; cafone, il “signore della stalla”, cioè del bestiame; pitone, “il signore dell'oracolo”.

Ma Pitone era anche il nome che i Marsi davano al fiume Giovenco.

“Pitu”, sempre in lingua sumerica, significa apertura nella roccia, inghiottitoio. Dunque l'attuale Petogna, nei pressi di Luco dei Marsi, si chiama così perché “inghiottiva” le acque del lago Fucino, per restituirle alla risorgive nella Valle Roveto.

Altre parole, ancora oggi in uso, come cuncuglio (conchiglia), cresommela (albicocca), crestonda (pane abbrustolito), mandile (tessuto con si copre il pane), palinodia (confusione) sono di origine greca. È dunque nella civiltà orientale, greca e romana che vanno individuate le radici culturali di un popolo tra i più orgogliosi e fieri d'Italia.

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