«Zuccherificio, niente Iper»

Irti: per l’ex Saza una destinazione cultural-turistica.

AVEZZANO. Nato dopo il prosciugamento del lago del Fucino, l’ex zuccherificio Saza di Avezzano ha scandito le tappe della trasformazione dell’economia fucense: dalla pesca all’agricoltura, dall’industrializzazione al commercio. Da qui l’importanza storica dello stabilimento, riconosciuta per altro dal Ministero dei beni culturali, che il 22 luglio 2000 lo ha sottoposto a vincolo, quale tipico esempio di archeologia industriale. Vincolo per il quale si è battuto strenuamente l’Archeoclub della Marsica. La richiesta è stata avanzata nel 1997, dopo che l’ex zuccherificio aveva cessato l’attività. Ma son dovuti passare tre anni prima che il Ministero emanasse il decreto. In questi dieci anni, lo stabilimento, di proprietà dell’ex Consorzio delle cooperative, privo di qualsiasi manutenzione, oltre ad andare incontro a un inesorabile degrado, ha costituito, per la massiccia presenza di amianto, una seria minaccia per la salute dei cittadini di Avezzano e dei paesi vicini.

Nel 2006 il complesso è stato acquistato da un gruppo di imprenditori marsicani, che, sobbarcandosi grosse spese, hanno provveduto a bonificare il sito. I lavori, eseguiti da una ditta specializzata di Roma, sono stati ultimati da poco. Per i proprietari si pone ora il problema dell’utilizzo dell’edificio, che occupa una superficie di 140mila metri quadrati. Meritevole di attenzione, al riguardo, è l’intervento del presidente dell’Archeoclub della Marsica, Umberto Irti. «L’utilizzazione del complesso», raccomanda Irti «dovrebbe avvenire secondo modalità che non alterino la struttura e che risultino compatibili con l’importanza storica del monumento». Una premessa che porta Irti a chiedersi che fine abbiano fatto i macchinari. «Era indispensabile lasciarli», sottolinea «a testimonianza della precedente destinazione del sito».

Irti propone di affidare a professionisti, competenti in materia di archeologia industriale, «la redazione di un progetto che esalti le caratteristiche dell’edificio, specie la sua copertura, e, nello stesso tempo, rinsaldi il suo legame con la storia del nostro territorio». L’operazione da affrontare, secondo Irti, è molto delicata e richiederà l’impegno congiunto dei proprietari dell’immobile, dei Comuni marsicani, del Consorzio industriale e degli altri principali Enti. «La peggiore sorte auspicabile», mette in guardia il presidente dell’Archeoclub «sarebbe quella di creare un ennesimo supermercato, mentre sarebbe necessario orientarsi verso una destinazione polifunzionale, che privilegi l’aspetto socio-turistico-culturale e possa essere quindi di grande richiamo».

Il complesso, data la sua ampiezza, suggerisce Irti, potrebbe ospitare, ad esempio: la sede di una facoltà di universitaria, come Agraria; un centro espositivo dei prodotti tipici della Marsica, alimentari e artigianali, con vendita diretta dal produttore al consumatore; un museo della civiltà contadina; un museo del lago del Fucino; un polo per la conoscenza e la diffusione delle energie rinnovabili; un centro ricerche sull’agricoltura biologica; una struttura ricettiva alberghiera e di ristorazione; un centro studi per quanti vogliono approfondire la conoscenza del nostro territorio; una sala per convegni e manifestazioni; strutture per attività sportive. «Le forme di finanziamento», conclude Irti «sono numerosissime. Basta attivarsi».