IL RICORDO

103 anni fa la tragedia di Hillcrest Mines in cui morirono 9 minatori abruzzesi

Geremia Mancini, presidente di "Ambasciatori della fame", ricorda questa tragedia in cui 189 lavoratori non ottennero giustizia

A distanza di 103 dalla tragedia mineraria di Hillcrest Mines in cui morirono 189 persone, il presidente onorario di 'Ambasciatori della fame', Geremia Mancini, ricorda le nove vittime abruzzesi, tutte della provincia aquilana. Si tratta di Peter Cantalini, 33 anni, Sam Cantalini (23), Antonio Cimetta (24), Antonio Gramacci (21), tutti e quattro di Navelli; Antonio Catonio (30), di Acciano; Vito Celli (26) e Eugenio Ciccone (20), di Carrufo fraz. di Villa Santa Lucia degli Abruzzi; Luigi Fortunato (25) e Vincenzo Fortunato (31), entrambi di Ofena. «Il 19 giugno del 1914 nella di miniera di carbone di Hillcrest Mines (Passo Crowsnest, nello Stato dell'Alberta in Canada), alle 9.40 del mattino - spiega Mancini - si verificò una tremenda e devastante esplosione: dei 228 minatori che a quell'ora stavano lavorando nelle viscere della terra ben 189 rimasero uccisi. I superstiti tutti gravemente feriti e mutilati. L'incidente, il più grave di sempre avvenuto in Canada, procurò una comprensibile emozione in tutta l'opinione pubblica. Alto, purtroppo, il tributo pagato, in vite umane, dall'Italia: ben 24 morti. E tra questi, come sempre, tanti abruzzesi. I minatori provenienti dalla nostra regione e morti a Hillcrest Mines furono ben 9 ed erano tutti provenienti dalla provincia di L'Aquila. Dei loro nomi, delle loro sofferenze, delle loro vicissitudini e di ciò che soffrirono i loro cari nessuna dignitosa traccia. Trovarono la morte in quella miniera insicura, gestita dalla società 'United Mine Workers of Americà, e non ottennero alcuna giustizia. Nessuno pagò per la loro morte. Le loro vedove e i loro bambini continuarono a vivere nelle baracche per poi dover, non si sa come, continuare a lottare per sopravvivere. I minatori vennero, nella quasi totalità, seppelliti in una gigantesca fossa comune. L'opinione pubblica e le autorità nell'immediato fecero giungere messaggi e qualche aiuto. Poi, forse complice l'arrivo della Prima Guerra Mondiale, rimase solo la colpevole dimenticanza». Mancini ha spiegato di sentire «il dovere di offrire, per quanto possibile, almeno qualche dato sui minatori abruzzesi con l'intento di restituirli alla 'memorià della loro terra».