Abruzzo, l’anno nero degli incendi, il Wwf: «In fumo seimila ettari» 

L’associazione presenta il dossier sui 210 roghi del 2017 e ribadisce il no al rimboschimento. Il sottosegretario Mazzocca: «Si farà dove sarà utile»

PESCARA. Nell’anno nero dell’Abruzzo la contabilità dei roghi fa impressione: oltre 210 incendi in 136 comuni, con una media di 26 roghi al giorno. Il picco si è registrato ad agosto. E il 27 è stata la giornata di maggiore allarme dopo 91 giorni senza pioggia e temperature che sfioravano i 40 gradi. Nonostante l’opera dei soccorritori sono andati in fumo 6.000 ettari di territorio, di cui 4.000 di bosco, con danni e costi per il ripristino dei luoghi che la Regione ha stimato in 378 milioni di euro.
La contabilità è del Wwf Abruzzo che ieri ha presentato al sottosegretario Mario Mazzocca i risultati del monitoraggio sugli incendi che hanno interessato la regione nel 2017. Alla vigilia dell’incontro di domani in Regione nel corso del quale sarà discusso il da farsi sugli interventi di rimboschimento e di messa in sicurezza dei territori colpiti.
Significativo il confronto con il 2016: in 12 mesi c'erano stati 89 incendi, cioè 7,4 al mese, per un totale di “appena” 87 ettari di bosco. Nel 2017 la superficie andata in fumo è stata di 46 volte superiore.
«Abbiamo preso in considerazione» ha spiegato il presidente del Wwf Abruzzo montano, Walter Delle Coste, che ha elaborato il report, «soltanto gli incendi che hanno riguardato aree verdi e soltanto quelli che hanno interessato almeno un ettaro di terreno. I risultati sono impressionanti. E certamente non basta, per spiegarli, il fatto che il 2017 sia stato sinora caratterizzato da lunghi periodi siccitosi e che l'estate che si va concludendo sia l'ennesima più calda degli ultimi anni. La situazione meteo» ha sottolineato Delle Coste, «può aver favorito il dilagare delle fiamme, ma perché si scatenino gli incendi occorre sempre e comunque l'intervento umano: mozziconi di sigaretta lanciati a bordo strada, fuochi incautamente accesi, auto surriscaldate parcheggiate sull'erba secca, ma soprattutto il “disegno criminale” di cui ha parlato anche il procuratore capo di Sulmona Giuseppe Bellelli in relazione ai roghi del Morrone e quasi certamente non solo in quell'area». Notevole il coinvolgimento di zone di grande pregio naturalistico, come ha sottolineato il presidente del Wwf Abruzzo Luciano Di Tizio: «Le fiamme hanno imperversato per giorni nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga (Campo Imperatore), ancora più a lungo nel Parco Nazionale della Majella (monte Morrone), hanno interessato il Parco Regionale Sirente Velino e hanno lambito il Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise. E l’emergenza, a dispetto del maltempo, non è tuttora conclusa. Un attacco criminoso», ha continuato Di Tizio, «che va contrastato sul piano giudiziario, ma anche con comportamenti e scelte politiche coerenti con l'immagine di regione verde d'Europa».
Nel ricevere il rapporto, il sottosegretario Mazzocca ha innanzitutto ribadito la posizione della Regione sul rimboschimento sul quale il Wwf è contrario: «Dobbiamo verificare ogni azione utile al territorio», ha detto il sottosegretario, «per agevolare il processo di naturale naturalizzazione delle aree». In sostanza, il rimboschimento si farà «dove sarà ritenuto utile». Per il resto Mazzocca ha sottolineato lo sforzo che la Regione ha messo in campo per le emergenze: «Dal marzo 2015 ne abbiamo rilevate cinque, cioè il numero di emergenze che si era verificato nei 14 anni precedenti. Credo che questo dia anche un po’ la misura della situazione. Sul tema della prevenzione abbiamo messo in campo molte attività, ma bisogna fare di più». Mazzocca ha anche accennato al ruolo del cambiamento climatico, che in Abruzzo ha causato un aumento della temperatura media di 1 grado negli ultimi 50 anni. «Stiamo predisponendo al meglio il nostro piano climatico e siamo stati la prima Regione d'Italia a farlo. Certamente bisognerà fare ancora molto, ci vorrà tempo, non è una cosa di mesi, per cambiare radicalmente le modalità di approccio al nostro territorio che non ce la fa più a sostenere un impatto antropico di questo tipo».
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