Abruzzo, M5S sulla "riforma" di D'Alfonso: proposte irricevibili

Marcozzi boccia il presidente. E Sospiri (FI): «Vuole regole su misura per lui»

L’AQUILA. Dall’altro capo del telefono, la grillina Sara Marcozzi manca poco che esploda in una risata. E’ la sua risposta al governatore Luciano D'Alfonso. Al quale, due giorni fa proprio sulle colonne del Centro, ha lanciato una sfida sulla legge elettorale regionale, ferma al palo da due anni, e sul taglio delle indennità dei consiglieri regionali su cui il M5s ha presentato una proposta di legge anch’essa in standby. E le parole, finiti i sorrisi, sono altrettanto eloquenti. Per la capogruppo in Regione dei pentastellati, la proposta di riforma della legge elettorale illustrata dal governatore è semplicemente «irricevibile».

Motivo: «Gli slogan lanciati dal presidente D’Alfonso sembrano causati da uno stordimento post-referendum costituzionale. Se volesse davvero garantire stabilità a un governo regionale, basterebbe eliminare le coalizioni: ci si presenta con un partito unico e con un programma unico e si va al voto con quelli - accusa la Marcozzi -. Le coalizioni, invece, servono soltanto a rastrellare i voti». Non solo. «Va al governo chi ha preso più voti dalla maggioranza degli elettori abruzzesi - aggiunge -. Se il presidente dice che è tanto forte, allora si confronti alle elezioni uno-contro-uno: Pd contro M5S». E sul taglio delle indennità, altra bocciatura su tutta la linea. «In sostanza, diamo di più al consigliere ricco e di meno al povero? Lo ritengo ridicolo: per le medesime funzioni si devono attribuire le medesime indennità», taglia corto la Marcozzi, ricordando che la proposta del M5S permetterebbe di risparmiare 23 milioni in 5 anni.

Difende invece la «sua» legge elettorale dagli attacchi di D’Alfonso il capogruppo di Forza Italia, Lorenzo Sospiri: «Sono passati due anni e mezzo e il presidente non ha cambiato questa legge elettorale, che gli ha dato una maggioranza due ore dopo l’inizio dello spoglio. Quindi è una legge che ha funzionato. Forse il presidente vorrà una legge che faccia vincere per forza lui, anche quando la prossima volta, se non scappa a Roma, perderà». Maurizio Acerbo della segreteria nazionale di Rifondazione comunista appoggia la strada del collegio unico, ma propone che «lo sbarramento al 4% venga inserito anche all’interno delle coalizioni, per evitare che si creino risultati per cui ci sono liste che hanno preso meno voti (come Sel) e sono state elette, e liste che hanno preso più voti ma sono rimaste fuori (Rifondazione)».

L’attuale legge, per Acerbo «è basata su un meccanismo antidemocratico, che consente la nascita di megacoalizioni anche con liste inventate, come quelle civiche di D’Alfonso, che inquinano le elezioni, con l’obiettivo di aumentare i consiglieri a favore della maggioranza». Quanto al taglio delle indennità, Acerbo ricorda che il governatore «si è presentato dicendo che sarebbe stato questo il primo atto della sua giunta: da due anni e mezzo sta venendo meno al patto con i suoi elettori».

Il presidente della commissione Statuto e legge elettorale in quota Pd, Camillo D’Alessandro, ricorda il motivo che ha rallentato la discussione sulla legge elettorale: «Abbiamo temporeggiato sull’approvazione perché in questo anno e mezzo si andava definendo, e si va ancora definendo, la legge nazionale. Poi è intervenuto il referendum costituzionale. Ora la riflessione può ripartire».

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