L'AQUILA

Al processo Rigopiano le arringhe degli 11 imputati condannati in primo grado

Ultima udienza in Corte d'Appello a L'Aquila prima della pausa natalizia, del processo per la tragedia di Rigopiano

L'AQUILA. Questa mattina, al cospetto del presidente del collegio dei giudici Aldo Manfredi e i presenza dei pm pescaresi, applicati per l'occasione al tribunale dell'Aquila, Andrea Papalia e Anna Benigni, ha preso il via la serie di arringhe degli unici imputati condannati in primo grado, in particolare il dirigente della Provincia Paolo D'Incecco, assistito dagli avvocati Marco Spagnolo e Gianfranco Iadecola.

Quest'ultimo ha chiarito la posizione di D'Incecco precisando: "Abbiamo sostenuto che D'Incecco, alla luce delle sue conoscenze, alla luce del fatto che la Provincia non aveva
elaborato piani di emergenza e di previsione, alla luce del fatto che, in base alla riforma, avesse perso le competenze in materia di Protezione civile, ma soprattutto alla luce del fatto che non gli fosse arrivato il bollettino Meteomont, non era nelle condizioni di prefigurare un evento di simile portata".

Si è conclusa con l'arringa dei due legali del sindaco di Farindola Lacchetta, l'ultima udienza, prima della pausa natalizia, del processo in Corte d'Appello a L'Aquila. Per Lacchetta, i suoi avvocati hanno chiesto l'assoluzione sull'unico punto per il quale è stato condannato a due anni e 8 mesi in primo grado, ovvero il mancato sgombero dell'hotel sulla base del bollettino Meteomont. Per i legali lo stesso bollettino non poteva essere strumento di allarme e previsione e questo sulla base di nuove prove, accolte al 90% dal Collegio dei giudici, in quanto è stato dimostrato che: "Nessuno ha mai predisposto un'ordinanza di sgombero - ha spiegato l'avvocato Cristiana Valentini - basandosi su un semplice bollettino Meteomont in assenza di una storicizzazione, o ancor di più di una carta valanghe che come sappiamo tutti in Abruzzo non esisteva."

I legali di Lacchetta Valentini e Manieri hanno anche chiesto che venisse dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Pescara perché "carente delle caratteristiche che, per legge, dovrebbe avere l'Appello del Pubblico Ministero."