Angelini: soldi a Del Turco in cambio di protezione

L'imprenditore risponde alla difesa: l'ex governatore e la sua banda mi hanno torturato


PESCARA. «Gli avvocati di quest'aula hanno visto troppe puntate di Perry Mason»: è il suggello di Vincenzo Maria Angelini, l'imprenditore che ha parlato per sei ore seduto, in piedi, con i gomiti appoggiati alla sedia, all'udienza del processo sanità amplificata da urla, dai richiami al «fair-play» del presidente del collegio Carmelo De Santis, dai pugni sbattuti sopra i banchi, dall'indice della procura puntato verso gli imputati, dall'aula abbandonata dallo stesso presidente stizzito - «siete indisciplinati» - fino all'annuncio di querela ad Angelini da parte del legale Ottaviano Del Turco.

Inizia alle 10 l'udienza in cui Angelini si siede per la terza volta al banco dei testimoni per essere interrogato dall'avvocato Gian Domenico Caiazza che difende Del Turco. L'ex patron di Villa Pini dichiara spontaneamente di soffrire di «dolori lancinanti» e di «aver rinviato il ricovero per essere presente». Il presidente del collegio chiarisce che l'udienza dovrà essere «ordinata» e l'avvocato Caiazza va al cuore dell'inchiesta che ha spazzato la giunta Del Turco: domanda ad Angelini dei viaggi a Collelongo per portare le «dazioni» a Del Turco, delle ricevute dei telepass al casello Aielli-Celano e dello scambio tra i soldi e la busta di mele. «L'ho detto nell'incidente probatorio», cadenza Angelini ogni domanda dell'avvocato.

«LE FERITE DI DEL TURCO».
«Perché nel 2006», chiede Caiazza, «è andato 27 volte da Del Turco di cui solo due, secondo la sua ricostruzione, per portare dazioni?». «Perché non mi stava a sentire», risponde spazientito l'imprenditore. «Perché lei fornisce un riscontro delle ricevute dei telepass per 8 dazioni su 16?», continua Caiazza e Angelini attacca: «Sono stato sottoposto a una tortura. Ho pianto lacrime di sangue ed essendo andato da Del Turco a pietire la mia salvezza, sono stato in grado di ricostruire i periodi dei viaggi. Avendo all'epoca ancora fresche le ferite di Del Turco e della sua banda e dato che il livello di tortura è stato tale, ho ricostruito le dazioni anche con mia moglie che ha su di me un effetto benefico: con lei la mia memoria migliora». E' nella memoria di Angelini che la difesa ha cercato di aprirsi un varco, in quella stessa attendibiltà che è il perno dell'accusa formata dal procuratore capo Nicola Trifuoggi e dai pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli che, durante le sei ore di ieri, hanno riascoltato da Angelini il racconto inalterato dell'incidente probatorio, le sedute fiume in cui l'ex titolare di Villa Pini raccontò degli oltre 6 milioni di tangenti che avrebbe versato a Del Turco, al suo ex braccio destro Lamberto Quarta e all'ex capogruppo del Pd Camillo Cesarone.

«MINACCIA IN 3 TEMPI».
Angelini, che è anche imputato nel processo, era ieri in aula in veste di parte offesa e, dopo le tangenti agli esponenti politici, ha aperto il lungo capitolo delle "minacce". «Il meccanismo della minaccia aveva tre momenti», ha spiegato. «L'offerta di protezione, i soldi e, poi, la mancanza di quella protezione». «Ma in che termini le veniva prospettata la protezione?», domanda Caiazza. «Era intimorito?», «Era a conoscenza di inchieste?». «Non mi dicevano certo il numero del fascicolo», sbraita Angelini. «Il discorso di Del Turco, Cesarone e Quarta era sempre lo stesso», ribadisce, «mi dicevano che la procura, la guardia di finanza e i nas stavano indagando su di me. Mi dicevano che volevano proteggermi da chi voleva farmi del male e che si poteva aggiustare con i soldi. Nei fatti non mi proteggevano, anzi mi dicevano che dovevo accontentarmi perché invece di "uccidermi" mi avevano solo tagliato una gamba. Prima facevano cose criminali e dopo dovevo pagare per fargli fare cose meno criminali».

MELE, NOCI E CASTAGNE.
L'avvocato Caiazza segue i capi di imputazione e arriva alla prima dazione, quella da 200 mila euro che Angelini avrebbe portato a Del Turco uscendo dalla casa dell'ex presidente della Regione con una busta di mele. «Una busta diversa da quella con cui sono entrato», sottolinea Angelini smentendo quello che aveva detto negli interrogatori. E' questo il momento in cui Del Turco, solitamente taciturno, alza la mano per intervenire: «Nella busta c'erano mele, noci e castagne con il guscio pieno di spine. In 30 secondi non avrei potuto prepararla ed era impossibile metterci le mani dentro senza ferirsi. L'avrà preparata qualcun altro».

QUARTA REGISTRATO.
Il controesame non è terminato, il presidente concede una sospensione e, al rientro, il legale di Del Turco riprende a interrogare Angelini: «Come mai lei incontra Quarta, lo registra per incastrarlo e non le viene in mente di fare un riferimento alle dazioni?». «A gennaio 2007 ero una larva, distrutto, macellato da questi farabutti. Non ho chiesto dei soldi a Quarta», urla l'imprenditore, «perché avevo paura che si accorgesse che lo stavo registrando». Il legale di Del Turco termina l'interrogatorio e tocca agli altri difensori tra cui l'avvocato che assiste Sabatino Aracu. Angelini spiega: «Nella prima fase non ho detto ai pm di aver dato i soldi ad Aracu ma l'ho fatto dopo le dichiarazioni dell'ex moglie di Aracu». L'imprenditore riprende anche con i suoi «non ricordo», con «l'ho già detto nell'incidente probatorio» e il legale di Del Turco, che stava ascoltando tra il pubblico, diventa una furia. L'udienza si impenna con il botta e risposta e con il presidente a fare da calmiere: «Chiedete scusa».

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