Arriva in ospedale sul sedile posteriore di un’automobile

L’ogiva rimasta nel corpo, ora si attende l’autopsia La disperazione della madre al suo capezzale

PESCARA. È arrivato in ospedale disteso sul sedile posteriore di una Atos bianca. Tommaso Cagnetta in quell’auto era ancora vivo, almeno così ha detto ai sanitari, in modo concitato, uno degli uomini che lo ha accompagnato ieri pomeriggio al pronto soccorso di Pescara. Un giovane sui 30 anni, raccontano alcuni ragazzi che hanno assistito alla scena, che subito dopo si è allontanato di corsa. Con lui anche un altro uomo, sui 45 anni. I due hanno provato a dileguarsi passando all’interno dell’ospedale, ma la polizia li ha inseguiti e bloccati.

«Non c’entriamo nulla», hanno detto, «volevamo solo aiutarlo». In questura, il capo della squadra mobile Pierfrancesco Muriana li ha ascoltati a lungo prima di lasciarli andare.

I sanitari non hanno potuto fare altro che constatare la morte del 42enne, colpito al fianco sinistro da un proiettile, probabilmente esploso da una pistola calibro 38. L’ogiva è rimasta all’interno. Il corpo senza vita di Cagnetta è stato tenuto per diverse ore in un ambulatorio del pronto soccorso, prima della decisione di rimandare ad oggi la ricognizione cadaverica e probabilmente anche l’autopsia.

Al capezzale dell’uomo, con un passato da tossicodipendente, la madre. Gli occhi gonfi e lo sguardo perso, sembra avere dimestichezza con il dolore. Al suo fianco un’amica, che la sostiene. Poche parole di disperazione, frasi confuse e impregnate di sofferenza. «Avevo visto il cappuccio di una siringa», sussurra la donna. L’amica le stringe le mani. «Devi farti forza per Antonio», le dice, riferendosi probabilmente al fratello di Tommaso, di professione guardia giurata. Poi le due donne si allontanano in fretta, mano nella mano.

Un solo proiettile, le gambe gonfie, addosso i segni di una vita difficile, sono queste le indiscrezioni che trapelano, gli ultimi momenti di una vita spezzata troppo presto. E mentre è caccia all’assassino, c’è chi ricorda la vittima. Originario di San Severo, da anni Cagnetta viveva in città. Si guadagnava da vivere come venditore ambulante, ma aveva un passato piuttosto burrascoso. Era stato arrestato due volte: nell’aprile del 2005 per detenzione di armi, e nel marzo dell’anno scorso nell’ambito di un’operazione antidroga. Ora le cose sembravano cambiate. Qualcuno racconta che il padre gli aveva appena trovato un lavoro fuori dall’Abruzzo. Cagnetta si diceva pronto a partire, ma aveva ancora l’obbligo di dimora in città.

Ieri pomeriggio si trovava lungo via Tavo quando il suo assassino lo ha colpito a morte. Dopo l’omicidio, il rione Ferro di Cavallo si è acceso. La rabbia per l’ennesimo fatto di sangue è esplosa e le forze dell’ordine si sono trovate a dover sedare una serie di scontri a cui hanno partecipato anche gruppi di rom.

L’intera zona è stata presidiata fino a notte fonda.

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