PESCARA

Asl condannata a pagare 600mila euro: paziente morta per errore

Un errore relativo agli inserimenti del catetere ha provocato una la lesione sull'arteria femorale della paziente che ha contribuito alla morte della 79enne

PESCARA. La Asl di Pescara condannata a pagare un risarcimento di oltre 600mila euro ai familiari di una donna morta nel 2012 a seguito di un errore commesso durante un intervento chirurgico. I parenti della vittima, assistiti dall'avvocato Andrea Colletti, esperto in casi di responsabilità medica, hanno avviato un'azione contro l'azienda sanitaria: in primo grado il giudice aveva dato ragione alla Asl ma, presentato l'appello, la Corte d'appello dell'Aquila ha ribaltato quella sentenza.

La donna, 79 anni - viene ricostruito in una nota di Colletti - ad aprile del 2012 era stata ricoverata in ospedale per una serie di patologie ed era stata sottoposta a una procedura termoablativa del Nodo atrio-ventricolare (Nav) e alla rimozione dell'introduttore venoso femorale destro. Durante tale procedura, il personale sanitario, per un errore relativo agli inserimenti del catetere, aveva provocato una la lesione iatrogena sull'arteria femorale della paziente.

Tale lesione, è stato riconosciuto, ha contribuito alla morte della donna, avvenuta dopo circa un mese di ricovero. Negligenze, è stato accertato, vi sono state anche nei controlli post-operatori, in quanto il personale sanitario si è accorto solo con estremo ritardo della lesione causata. Avviata l'azione contro la Asl di Pescara, in primo grado il Tribunale aveva ritenuto di escludere che la condotta dei sanitari fosse stata rilevante per l'aggravamento della condizione della paziente e per il successivo decesso, respingendo la richiesta di risarcimento.

L'avvocato Colletti, per conto dei suoi assistiti, ha poi presentato appello. E' stata quindi eseguita una nuova Consulenza tecnica d'ufficio, che ha dato pienamente ragione alle istanze avanzate dai familiari. La Corte d'appello dell'Aquila ha così ribaltato la sentenza di primo grado, disponendo il risarcimento in favore dei familiari per oltre 600mila euro.

"Il caso che abbiamo vinto - afferma il legale - dimostra quanto una migliore organizzazione del reparto avrebbe potuto sicuramente evitare il decesso. Se la Regione Abruzzo investisse di più sulla sanità pubblica molti decessi che avvengono per causa di cosiddetta malasanità si potrebbero evitare, così come molti costi, quale l'odierno rilevante risarcimento, potrebbero essere eliminati a beneficio sia della Asl stessa che del livello delle cure".