Asl, l’appalto d’oro per il Cup regionale resta annullato

Il Tar respinge il ricorso dell’impresa teramana Nike-Gesan sulla gestione da 57 milioni: dichiarazioni incomplete, la gara non può andare avanti

PESCARA. «Nelle procedure di evidenza pubblica la incompletezza delle dichiarazioni lede di per sè il principio di buon andamento dell'amministrazione, inficiando ex ante la possibilità di una non solo celere ma soprattutto affidabile decisione in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla gara»: è solo uno dei passaggi della sentenza con la quale i giudici del tribunale amministrativo (Tar) hanno respinto il ricorso sull’appalto da 57milioni di euro per la gestione dei Cup (Centro unico di prenotazione) delle Asl abruzzesi. L’appalto, gestito dalla Asl di Chieti-Lanciano-Vasto per conto dalla Regione, resta per il momento annullato; a meno che la Asl (il direttore Francesco Zavattaro) decida di assegnarlo alla seconda in graduatoria, quella Cns Televento Manutencoop di Bologna che aveva presentato ricorso contro l’aggiudicazione all’associazione temporanea di imprese (Ati) Nike-Gesan, degli imprenditori Franco Rubini di Teramo e Pasquale Russo di Caserta. Un primo ricorso veniva proposto contro la delibera della Asl con la quale veniva aggiudicato l’appalto adducendo la carenza di risorse da parte della Nike-Gesam; un secondo ricorso faceva riferimento al fatto che nell’Ati tra Nike e Consorzio Sol.Co. vi era una carenza relativa alla omessa indicazione della sussistenza dei requisiti di moralità professionale, nonché la carenza dei poteri di rappresentanza del vice presidente della società . Durante la causa era sta evidenziata una causa ostativa alla stipula del contratto tra al Asl 2 e Nike-Gesan in quanto gli amministratori delle medesime società avevano omesso di indicare condanne penali passate in giudicato e ancora non estinte. Violazione indicata successivamente da Cns Televento Manutencoop . La Nike, dal canto suo, impugnava anch’essa il provvedimento di esclusione della Asl sostenendo che si trattava di condanne per reati depenalizzati e per reati ormai estinti. I ricorsi a questo punto venivano riuniti e trattati in un unico giudizio. Il Tar – presidente Michele Eliantonio, consigliere Dino Nazzaro, consigliere estensore Massimiliano Balloriani – ha ritenuto valido il motivo della omessa indicazione delle condanne penali definitive riportate dagli amministratori della Nike e della Gesal ritenendo pertanto illegittima la stipula del contratto e dichiarando cessata la materia del contendere sugli altri punti oggetto dei ricorsi. Nella sentenza si fa riferimento a come le condanne riportate dall’amministratore Nike fossero in un caso per reati depenalizzati e per i quali quindi non era necessaria l’indicazione; negli altri casi si trattava invece di sentenze passate in giudicato e non ancora dichiarate estinte. In riferimento a Gesal si trattava di condanne che, sempre secondo il Tar, andavano comunque dichiarate anche se riguardavano l’attività edilizia e dunque non fossero attinenti la materia del bando. Il Tar ha altresì stabilito la legittimità dell’operato della Asl che aveva incamerato la cauzione di Nike-Gesal. Secondo i giudici infatti il deposito cauzionale costituisce una forma di risarcimento del danno nell’ipotesi del mancato rispetto dei requisiti di correttezza e veridicità delle dichiarazioni rese dai partecipanti al bando. Le società ricorrenti sono state condannate al pagamento delle spese legali (in totale 5mila euro) in favore della Asl.

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