Baby gang a Pescara, la frase sul profilo Facebook: "Dio perdona, la banda no"

L’accusa descrive la personalità del ragazzo ai domiciliari per l'aggressione di gruppo a un minore: "Errati modelli emulativi, nessun segno di pentimento"

PESCARA. E’ spulciando sul profilo Facebook di Edgar Flacco, da ieri agli arresti domiciliari con l’accusa di lesioni volontarie aggravate da futili motivi, che gli investigatori hanno trovato la frase, tratta da «Romanzo criminale» che narra le vicende della banda della Magliana: «Dio perdona, la banda no». Se gli investigatori, il vice della Mobile Dante Cosentino e il sostituto commissario Guido Camerano, l’hanno definita come «uno scimmiottamento di un romanzo criminale nostrano», il giudice per le indagini preliminari Maria Michela Di Fine l’ha commentata così: «Quella frase dimostra l’incapacità del giovane di controllare i suoi impulsi antisociali».

La frase è riportata nell’ordinanza di custodia cautelare nella parte conclusiva in cui il gip illustra la personalità di Flacco e spiega perché il giovane di 18 anni, originario della Bielorussia e adottato da una famiglia italiana residente in Provincia di Chieti, va sottoposto agli arresti in casa. «Una personalità non comune», scrive il gip, «frutto verosimilmente anche del contesto sociale in cui si muove l’indagato e di errati modelli emulativi cui evidentemente si ispira e dei quali quella frase ne è una manifestazione». Quindi, il gip illustra le esigenze della misura cautelare ai domiciliari: «Per il contesto di svolgimento dei fatti, la futilità del motivo che avrebbe scatenato l’aggressione, ovvero la richiesta di una sigaretta e di filtri per il confezionamento, le gravi modalità di aggressione fisica e l’epilogo in cui Flacco si è allontanato senza neppure sincerarsi delle condizioni di salute della vittima o sollecitare l’intervento dei soccorsi e senza mostrare alcun segno di resipiscenza pur a fronte delle gravi condizioni fisiche del ragazzo». A raccontare l’aggressione ai poliziotti è stata, poi, la stessa vittima che ha riferito, come riporta il gip, «che quei ragazzi avevano deciso di aggredirlo in gruppo e che le richieste avanzate di filtri e sigarette costituivano solo il pretesto, il futile motivo che avrebbe sorretto e motivato la loro determinazione già maturata». E’ stato sempre il ragazzino, che ha riportato 40 giorni di prognosi, a raccontare che un terzo giovane del gruppo aveva cercato di fermare i primi due aggressori ma che era stato ignorato.

Infine, in questi mesi di indagine, alcuni testimoni di quel giorno in piazza Primo Maggio hanno poi riferito ai poliziotti la dinamica dell’aggressione facendo il nome di Flacco, specificando che l’aggressione era nata da una sigaretta negata e raccontando ai poliziotti i calci e i pugni ricevuti dalla vittima. (p. au.)

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