BLASONE ROSSA!

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Vendendosi al chilo Ave avrebbe guadagnato fior di quattrini.

La sua carcassa unta di certo non era appetibile,per nessuno!

Un accumulo adiposo, lercio, che i passanti a vederla proprio non si leccavan le labbra!

Ma dopo aver levato una cospicua somma di grasso aveva il suo perché!

Curve sinuose e pronunciate scatenavano il sangue della gente all’asta! 

Ed eccola che incastrava il suo primo aguzzino!

In realtà era lei a mangiarseli vivi, i clienti. Non provava alcun piacere, se non quello d’ osservar l' istinto animale che quella volta pagò pure per averla!

Serva del suo specchio manipolava ad arte i burattini tesi in un unico scopo ammiccante! Impavida si trascinava tra macigni meccanici diretti in squallide moquette!

La sua merce andava subito via tra diavolerie e carinerie.

Ave però non riusciva a leggersi se non al contrario...

Una gabbia di specchi stropicciati delineavano lenti la sua solitudine. I suoi pori epidermici lasciavano trapelare gli ultimi cenni di umanità.

Un mormorio solenne strappava papaveri rossi dentro di se.

Voleva rileggersi, doveva rileggersi!

Una sete di conoscenze "brave" gli placava la gola.

Decisa, stirava ogni millimetro di se che a scrutarla non v’era anima che la vedesse usata. Anzi!

Di fatti Giulio, uomo di cui si era invaghita, la leggeva a mo’ d' anagrafe, d’ altra parte a fingere aveva imparato bene.

Sbavava per la sua esperienza, il suo essere cosi a modo le sfumava via le ultime crespe marce.

Scolpiva battuta dopo battuta l’identità novella. Giulio gli penetrò la carne, prima del cuore. Il piacere squillante che esternava accompagnava la messa solenne della sua nuova identità. Vestita di spudore lo guidò al cancello. 

Fu lì che Giulio da buon matematico fece bene i suoi conti! Di certo, quella, non era l’ immagine che desiderava ritrovarsi scolpita nell’anulare sinistro. La chiamava Eva.

E la notizia Ave non la gradì. Di fatti stava inconsciamente leggendosi per esteso. Si sentì nuovamente in affitto e questa volta non lo aveva deciso, voluto consciamente.

Sentiva che le sue note considerazioni aderivano perfettamente al pentagramma che la formava... Ma si riaffittò ancora, da lui comprava pennarelli indelebili con i quali coprire le stonature.

Lo teneva ancora per mano, mentre succhiava via i suoi modi a modo per ridimensionare il suo essere ed incrociare l’ebbrezza che si gusta nei momenti felici, così come fanno le coppie, quelle vere! 

Tasti suonavano, soli, consapevoli della sordità d’ entrambi melodie zuccherine.

Potrebbe permanere eterno il flusso d’aria che accarezza labili umori...

E le sue mani l’ adagiavano, quelle del suo ultimo uomo, non cliente ma comunque a tempo!

Carezze a scricchiolii determinati la facevano sentire a casa. Nella sua indole bramosa avrebbe voluto buscarsele ancora. Ma non lo farà.

Giulio quel fardello non l’avrebbe portato con le sue prossime lancette! A rischiar la faccia preferiva l’ inadatta e sfortunata brina!

Affrettava i passi, copiosi , salvando gli ultimi squarci di dignità!

Sola.

Tra le ambage pixel profumavano.

Sfiammavano un livore algido.

Sola.

Una pressione umida colmava la sua faringe.

Si riosservava a ritroso.

Due riflessi penetravano la sua immagine confutandola che tra le due non si distingueva l’ospite!

Dilatava allo stremo le pupille. Scorticava, impietosa, l’ Affamata Felina. 

Abbozzava un ghigno fanciullesco.

Statica, pareva osservasse mentre impulsi famelici di animali vicini leccavan la piccante fine delle due!

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