BOLIVIA!

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L'autobus avanza lentamente nel cuore della notte lungo una strada polverosa e ricca di buche. Il freddo, nonostante il riscaldamento acceso, è pungente. Un bambino, seduto dinanzi a me, continua a lamentarsi ed io ho difficoltà ad addormentarmi. Nel bel mezzo del dormiveglia, l'autobus si ferma a lato della carreggiata e l'autista avverte che tutti coloro che sono diretti a Copacabana devono cambiare mezzo. Sono intorpidito per non aver dormito. Con tutta fretta prendo i miei zaini e mi ritrovo catapultato in un piccolo pulmino stipato insieme a un'altra quindicina di persone, tra turisti e contadini che devono andare a lavoro. Viaggiamo circa un'ora in una landa desolata spazzata dal vento. Raggiungiamo il piccolo pueblo di Yunguyo, l'ultimo avamposto peruviano prima di entrare in Bolivia. Alla frontiera sbrigo velocemente le formalità di rito ed eccomi nuovamente su un altro pulmino. Questa volta siamo in sedici, c'è anche una gallina a farci compagnia. Mentre ci rimettiamo in moto una giovane donna tira fuori un vassoio dalla sua borsa cominciando a vendere piccoli souvenir. Mezz'ora dopo la città di Copacabana ha preso forma nel bel mezzo di due colline ai piedi del Lago Titicaca. Il pulmino ci lascia a pochi passi dalla piazza principale dove i venditori fanno a gara per accaparrarsi clienti nel mercato domenicale. Trovo sistemazione in un ostello a poche centinaia di metri dalla Cattedrale, realizzata in stile moresco e di un bianco a dir poco abbagliante. La fame si fa sentire e mi reco al primo ristorante sulla strada. Divoro velocemente una zuppa fumante e una trota condita con patatine fritte. Quando sto per finire di mangiare arriva Chris, un fotografo canadese in viaggio in solitaria con il quale faccio amicizia. Ci diamo appuntamento per il pomeriggio, entrambi abbiamo intenzione di raggiungere a piedi la cima del vicino Cerro Calvario, una collina frequentata dalla popolazione locale per pregare e fare penitenza. Chiediamo informazioni su come raggiungerlo ad alcune persone del posto le quali ci avvertono che la strada è irta di difficoltà e ci indicano la via. In effetti il sentiero non è dei più agevoli, quasi un misto fra trekking e climbing, ed io e Chris avanziamo faticosamente, complice anche l'altitudine. Arrivati in cima il panorama ci ripaga di tutta la stanchezza accumulata, dopo un'ora circa di tragitto. Ci accorgiamo troppo tardi che era possibile arrivare da un'altra via ben più facile da percorrere. La vista spazia dalla città di Copacabana, che ai nostri piedi appare quasi un plastico architettonico, al Lago Titicaca, che più di un lago sembra un mare viste le sue enormi dimensioni. Il sole scende e grazie alle nuvole basse, il cielo si infiamma. Bagliori di fulmini in lontananza. Da qualche parte, oltre le colline, infuria un temporale. Attorno a noi, il silenzio più assoluto. Rimaniamo a contemplare il paesaggio fin quando il sole decide di nascondersi definitivamente dietro le montagne all'orizzonte. Scendiamo nella penombra, una famiglia boliviana è intenta ad accendere alcuni ceri, rendendo il luogo mistico. È il primo giorno in terra boliviana e questa terra ha già mostrato il suo lato affascinante e misterioso.

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