Bossetti: «Yara poteva essere mia figlia», confermato l'ergastolo

Fino alla fine il carpentiere si è proclamato innocente. Poi i giudici si sono chiusi in una lunghissima camera di consiglio durata 15 ore e infine la conferma della pena di primo grado

BRESCIA. Massimo Bossetti fino alla fine ha professato la sua innocenza. «Yara non l’ho uccisa io , voglio uscire a testa alta da questo processo». Ma i giudici della Corte d'assise d'appello di Brescia non hanno avuto dubbi sulla sua sorte, e dopo una Camera di consiglio fiume, cominciata alle 9.30 del mattino e conclusasi nella notte, la sentenza ha confermato la condanna inflittagli nel primo grado: ergastolo.

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A giudicare dalla durata l’esame del caso non è stato semplice. In carcere da tre anni, il muratore di Mapello ha affidato la sua estrema difesa a delle dichiarazioni spontanee scritte su fogli che ha estratto da una scarpetta rossa.
Bossetti ha chiesto alla Corte di riparare a quello che ha definito «il più grande errore giudiziario di tutta la storia». «C'era necessità di scomodare un immenso esercito e umiliarmi davanti ai miei figli e al mondo intero?» ha detto in modo accorato riferendosi al suo arresto, il 14 giugno del 2014 nel cantiere in cui lavorava a Dalmine. «Perché? Perché? Perché?» ha ripetuto il muratore. E girandosi verso il pubblico in aula per poi tornare ai giudici ha aggiunto: «Io non sono un assassino, mettetevelo in testa. Quel Dna non è mio». Bossetti vorrebbe che fosse ripetuto l'esame genetico che lo inchioda. Ha anche chiesto scusa per il comportamento scorretto in aula, quando, mentre parlava il sostituto pg Marco Martani, lui era sbottato: «Viene qui a dire idiozie».
Per l'accusa è «ineccepibile» la sentenza con cui la Corte d'Assise di Bergamo, un anno fa, lo aveva condannato all' ergastolo per l'omicidio della tredicenne e dalla prova del Dna è arrivata la «assoluta certezza» della sua responsabilità«; più una serie di indizi che fanno da corollario: il suo furgone nelle immagini delle telecamere nei pressi della palestra da cui Yara scomparve, le fibre trovate sul corpo della ragazza, compatibili con quelle dei sedili del Fiat Daily del muratore. Da qui la richiesta della conferma del carcere a vita e anche di sei mesi di isolamento diurno per aver »incolpato« un collega, cercando di indirizzare le indagini su si lui. Dalla presunta calunnia Bossetti era stato assolto in primo grado.
Il muratore, padre di tre figli, ancor più che scendere in dettagli processuali ha voluto far capire ai giudici «che persona sono». E ha voluto rivolgere un «sincero pensiero» a Yara Gambirasio . «Poteva essere mia figlia, la figlia di tutti noi - ha detto Bossetti - neanche un animale avrebbe usato tanta crudeltà».
Ad attendere la decisione dei giudici la moglie, Maria Comi, e sua madre Ester Arzuffi che, per qualche istante si è anche commossa. Bossetti ha provato a descriversi come un buon padre di famiglia che «ha avuto la vita distrutta per della accuse da cui sono estraneo». Un ritratto ben diverso da quello tracciato dal pg: Bossetti «non era insensibile al fascino delle ragazzine tredicenni» e «non è inverosimile che l'imputato possa avere tentato un approccio sessuale con Yara. Solo Bossetti ci potrebbe dire come sono andate le cose, ma credo che a questo punto non lo farà mai» aveva detto Martani.